Dicembre 12, 2011

Francesco Ferrari

L’evoluzione delle celle monocristalline

La rincorsa da parte delle aziende a dichiarare efficienze sempre maggiori è praticamente continua, e quasi tutti i produttori di celle stanno investendo molto in ricerca e sviluppo per migliorare le prestazioni delle celle.

Questo spiega il motivo dei continui annunci legati a efficenze sempre maggiore per i vari tipi di celle.

Suniva, a febbraio, ha dichiarato che le sue celle ARTIsun hanno superato il 19% di efficienza. Si tratta di celle fotovoltaiche già nella fase di produzione in volume che usano la tecnica di Czochralski per l'accrescimento del cristallo di silicio. Come materiale di drogaggio viene utilizzato il Boro e i risultati in termini di efficienza sono stati raggiunti utilizzando un emettitore single sided e la tecnologia di produzione denominata ion implantation (impiantazione ionica), utilizzata per la produzione di semiconduttori. Il processo produttivo ha permesso, in base ai dati di Suniva, di ridurre i costi di produzione pur ottenendo une buona efficienza senza dover ricorrere a emettitore selettivi. L'azienda ritiene che con lo stesso processo produttivo si potrà raggiungere un'efficienza del 20% per la prossima terza generazione di celle fotovoltaiche su wafer di tipo N, conservando il vantaggio dei costi contenuti per la produzione. Del resto l'azienda aveva già certificato in laboratorio un'efficienza di oltre il 20% per alcune celle.

In aprile Bosch Solar Energy AG ha annunciato la realizzazione di una cella fotovoltaica in silicio monocristallino da 156 x 156 mm con metallizzazione screen printed, realizzata da un wafer di tipo P, in grado di raggiungere i 4,73 W di picco con un'efficienza del 19,6 %. La misurazione è stata confermata dal Fraunhofer ISE CalLab (Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems). Si tratta di un cella PERC, acronimo di Passivated Emitter and Rear Cell. In pratica, oltre all'ottimizzazione della parte frontale della cella, il lato posteriore è stato rivestito con un dielettrico e uno strato metallico, e dotato dei punti di contatto. Questa struttura permette di migliorare, secondo quanto indicato da Bosch, le proprietà ottiche ed elettriche. La luce incidente è riflessa sul lato rifletterne posteriore della cella e questo permette all'emettitore di convertire una maggiore quantità di luce in energia elettrica. Anche la parte anteriore della cella ad alto rendimento è stata ottimizzata.

Una cella monocristallina di Bosch

 

SunPower ha, invece, annunciato a giugno che l'efficienza dei suoi pannelli E20, realizzati con celle Maxeon, supera il 20%. Le celle fotovoltaiche monocristalline Maxeon di SunPower possono raggiungere un'efficienza del 22,4%, secondo quanto indicato dall'azienda che precisa che i valori sono stati confermati dai test del National American Renewable Energy Laboratory. Questa efficienza è dovuta a diversi fattori legati alla tecnologia utilizzata: il primo è che i contatti delle celle sono posti sul retro e quindi non creano un ostacolo alla luce. I contatti inoltre sono in grado di condurre una elevata quantità di corrente. A questo si aggiunge la presenza di uno strato riflettente sul retro della cella.

Sezione di una cella Maxeon di Sunpower

 

In agosto Schott Solar AG ha comunicato di avere raggiunto il valore del 20,2% per celle monocristalline nel formato industriale di 156×156 mm. Le celle sono state realizzati basandosi sulla tecnologia di Schmid Group e la resa è stata certificata dal Fraunhofer ISE Institute di Friburgo. Dal punto di vista tecnico, questo risultato è stato ottenuto combinando le superfici ottimizzate anteriore e posteriore delle celle con un design innovativo. Il produttore prevede che i prossimi miglioramenti tecnologici sul versante della metallizzazione del lato frontale, potranno portare nell'immediato futuro a una efficienza del 20,5% per questo tipo di componenti, riducendo al contempo la quantità di argento necessario per l'elettrodo dell'emettitore.

Schott ha introdotto un nuovo processo per queste celle chiamatre Quasimono

 

Schott Solar ha sviluppato anche un nuovo metodo per la produzione di wafer ad elevate prestazioni. Il sistema si chiama “Quasimono” e riesce a combinare i vantaggi delle tecniche per la produzione di wafer mono e policristallini. I wafer sono full square e contengono parti monocristalline che sono sensibilmente più economiche da realizzare rispetto ai processi produttivi standard. In pratica Schott ha modificato un processo VGF convenzionale usato per la realizzazione di wafer policristallini per realizzare wafer quasi monocristallini. I risultati certificati dal Fraunhofer ISE di Friburgo hanno confermato un'efficienza del 19,9%

Una soluzione particolare, anche se presentata già alla fine del 2010, ma disponibile dal 2011, è quella di Sanyo che ha dichiarato di aver raggiunto un'efficienza del 21,6% con le sue celle con tecnologia HIT 2 (Heterojunction with Intrinsic Thin Layer). La tecnologia HIT prevede l'uso di un sottile wafer Monocristallino rivestito di Silicio amorfo (non cristallino) ultrasottile in modo da migliorare l'efficienza.

Sezioni di uan cella HIT e di una normale cristallina.

 

Per quanto riguarda le celle a eterogiunzione, alla recente edizione dell'IEDM i ricercatori di IBM hanno riportato i risultati su celle cristalline di silicio di tipo P caratterizzate da una nuova struttura dell'emettitore, in grado di ridurre la perdita di assorbimento dello stack PECVD (plasma-enhanced chemical vapor deposition ). I valori di efficienza riportati sono del 20,7% e per questa celle vengono utilizzati elettrodi a basso costo ZnO:Al (aluminum-doped zinc oxide) al posto di quelli ITO (Indium tin oxide).

 

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