Febbraio 14, 2014

Daniele Preda

Gli USA avviano indagini sulla National Solar Mission indiana

Nuovi attacchi e indagini tra le superpotenze del mondo in merito alla diffusione della tecnologia fotovoltaica. Dopo UE e Cina, Stati Uniti, Cina e Taiwan, è ora il momento di nuove inchieste relativamente al solare indiano.

Nuovi attacchi e indagini tra le superpotenze del mondo in merito alla diffusione della tecnologia fotovoltaica. Dopo UE e Cina, Stati Uniti, Cina e Taiwan, è ora il momento di nuove inchieste relativamente al solare indiano.

Di fatto, il Governo americano ha chiesto all’Organizzazione Mondiale del Commercio di avviare procedure di controllo per quanto riguarda i requisiti imposti dall’India sul nuovo programma di sviluppo solare. Sotto accusa alcune norme della seconda fase del National Solar Mission indiano, che obbligherebbero all’impiego di materiali e forza lavoro di provenienza interna. L’ultima sessione di appalti appare viziata da tale preferenza, che vincola le aziende straniere fornitrici di tecnologia a silicio cristallino e thin film. Si tratta di gare per una potenza complessiva di 750 MW.

A detta del responsabile per i negoziati commerciali OMC, Michael Froman: “Questi requisiti discriminano le esportazioni americane, richiedendo agli sviluppatori di impianti fotovoltaici di utilizzare componenti fabbricati in India anziché negli Stati Uniti”. “Questi vincoli contravvengono le regole dell’OMC, e oggi abbiamo fatto sentire la nostra voce per i diritti dei lavoratori e delle imprese americane”.

Rhone Resch, presidente e amministratore delegato della Solar Energy Industries Association (SEIA), si è così espresso: “Le barriere di localizzazione sono una minaccia crescente per le esportazioni solari negli Stati Uniti e violano chiaramente le norme dell’OMC”. “Negli ultimi tre anni, il governo americano ha fornito all’India ogni occasione per eliminare dal mercato questo tipo di requisiti, restrittivi e sleali. In assenza di qualsiasi sforzo significativo da parte dell’India per trovare un terreno comune, è giunto il momento per l’Organizzazione Mondiale del Commercio di risolvere finalmente questi problemi”.

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