Con la creazione delle Comunità Energetiche Rinnovabili l’Italia può fare un passo importante verso il rafforzamento dell’autonomia energetica.
MCE Lab ha fatto un’analisi delle soluzioni concrete per incrementare la produzione di energia elettrica in Italia, con l’attenzione all’ambiente che la discussione derivata dalla crisi russo-ucraina ha messo un po’ in secondo piano. Ricordando che attualmente la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili in Italia è il 19%, con una potenza installata pari a 60,8 GW; quindi, a consumi stabili dobbiamo incrementarla di altri 35 GW nei prossimi 7 anni.
Esiste già una soluzione realizzabile per incrementare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, si chiama Comunità Energetica Rinnovabile (CER). In vista della riduzione delle emissioni di carbonio nel settore elettrico prevista per il 2050, si stima che 264 milioni di cittadini dell’Unione Europea si uniranno al mercato dell’energia come prosumer, generando fino al 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema.
Comunità Energetiche Rinnovabili
La rimanente quota di energia può essere immessa in rete, scambiata con i consumatori fisicamente vicini o anche accumulata in un apposito sistema e restituita quando è necessaria. La CER è una coalizione di utenti che, tramite la volontaria adesione a un contratto, collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno più impianti energetici rinnovabili locali, fornendola a prezzi accessibili a chi ne fa parte.
La burocrazia fino ad adesso non ha aiutato lo sviluppo delle CER, ma la recente normativa che semplifica l’iter va nella direzione giusta ed auspicata, infatti con il decreto energia del 1° marzo 2022, l’installazione dei pannelli solari fotovoltaici (e anche termici) in edifici e strutture fuori terra viene considerata manutenzione ordinaria e non più straordinaria, riducendo drasticamente l’iter burocratico.
Paolo Pizzolante, Presidente di PlanGreen
Le Comunità Energetiche Rinnovabili funzionano molto bene coinvolgendo consumatori stagionali, come gli alberghi delle località balneari, e/o non continuativi, come le scuole e in generale gli edifici pubblici. Il progetto parte dall’analisi della disponibilità delle superfici su cui installare i pannelli fotovoltaici (tetti e terreni), con questi dati calcoliamo la potenza che possiamo produrre, i consumi delle strutture su cui collochiamo i pannelli e quanti famiglie possiamo collegare alla Comunità per offrire loro energia elettrica gratuita con un conseguente abbassamento dei costi totali.
Progetti concreti
Un progetto concreto di CER vede il coinvolgimento di 5 alberghi e 140 famiglie, dove sui tetti degli alberghi si prevede l’installazione di pannelli solari per una potenza di 165 kW di picco, che apporta vantaggi per tutti: una riduzione del consumo di energia elettrica dalla rete di oltre il 30%, che nel periodo invernale di chiusura degli alberghi la produzione si trasforma addirittura in reddito, e le famiglie hanno un risparmio di circa il 15% sul costo delle bollette.
Un aiuto in questa direzione arriva anche dal piano REPowerEU che prevede l’obbligo sui tetti dei nuovi edifici pubblici, commerciali e residenziali per un totale di 600 GW di nuova potenza entro il 2030, per il quale saranno stanziati circa 300 miliardi di euro.
Annalisa Galante, Coordinatrice scientifica di That’s Smart e consulente di MCE Lab
Sicuramente per raggiungere gli obiettivi fissati dai piani europei di sviluppo, ma anche dal nostro Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza (PNRR) ci sarà da lavorare su innovazione, integrazione e rinnovabili anche sul costruito.
Per farlo potremmo cominciare dagli edifici che già raggruppano cittadini che condividono spazi comuni: i condomini, che vengono considerati “autoconsumi collettivi”.
Perché sono ancora così poche le Comunità Energetiche Rinnovabili e chi deve e/o può intervenire per accelerare il processo che sarebbe così virtuoso per l’Italia?
Annalisa Galante
Le cause della lentezza dello sviluppo delle CER sono certamente più d’una, in primis il ritardo nella stesura dei provvedimenti attuativi necessari a garantire l’attuazione delle disposizioni del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (RED II), la cui scadenza è abbondantemente superata, fissata entro 90 giorni dalla data del decreto, e che con una delibera del 22 marzo 2022 è stato procrastinato entro la fine del 2023.Ritardi attuativi a parte, si tratta certamente di un processo che vedendo più soggetti coinvolti non è facile da attuare, dopodiché c’è una mancanza di comunicazione da parte dei soggetti coinvolti, iniziando dall’Amministrazione pubblica, che fatica a essere incisiva su progetti tecnici che coinvolgono gruppi di singoli cittadini; ma soprattutto il Superbonus del 110% ha monopolizzato l’attenzione e le attività di quei soggetti che si potrebbero far promotori di questo sviluppo…
Ci vorrebbe un tavolo che vedesse operare congiuntamente i facilitatori della transizione energetica: dalle Amministrazioni pubbliche locali (il ruolo dei Sindaci è basilare), alle utility che possono promuovere nuove forme di gestione dell’energia, fino agli amministratori di condominio come “ambasciatori” dell’informazione legislativa sulle CER e sull’autoconsumo collettivo e le ESCo, da sempre in campo per sviluppare concretamente i progetti di green management.