Harley&Dikkinson Consulting analizza il testo del Decreto Crescita ed Ecobonus. Favorevole solo alle multi-utility, pessimo per la filiera costruzioni.
Harley&Dikkinson Consulting analizza il testo del Decreto Crescita ed Ecobonus. Favorevole solo alle multiutility, pessimo per la filiera costruzioni.
Il Decreto Crescita (articolo 10) introduce la facoltà in capo ai beneficiari dell’eco e sisma bonus (i condomìni) di optare, in luogo dell’utilizzo diretto delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica e di adozione di misure antisismiche, per un contributo di pari ammontare, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato ai condòmini dal fornitore che ha effettuato gli interventi. Lo sconto così concesso ai condomìni dal fornitore viene a quest’ultimo rimborsato sotto forma di credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo.
Questa nuova modalità non solo non semplifica l’utilizzo degli incentivi finalizzati alla riqualificazione energetica e statica dei condomìni (motivo ispiratore dell’articolo 10 del Decreto Crescita), ma produce nei fatti una pesante concorrenza sleale a danno delle imprese della filiera delle costruzioni (per lo più piccole e medie) che operano in questo settore.
Sul piano della semplificazione, rivolgendosi questi interventi agli edifici condominiali e dunque ai condomìni ed al suo sistema di regole governato da apposite leggi e dal codice civile, il nuovo meccanismo di trasferimento degli incentivi non è in grado di semplificare alcunché poiché rimane vigente la facoltà dei singoli condòmini di decidere autonomamente se trasferire o meno l’incentivo corrispondente alla propria quota di proprietà.
Sul piano della concorrenza nel settore, la nuova modalità produce una anomala concentrazione del mercato in mano a pochissimi soggetti che- oltretutto – non rappresentano affatto gli operatori economici che intervengono in maniera diretta negli interventi di riqualificazione degli edifici.
La conseguenza combinata di queste differenze tra le due modalità (quella attualmente vigente e quella introdotta dall’articolo 10 del Decreto Crescita) fa capire chiaramente quali siano i soggetti che beneficeranno della novità legislativa:
– non saranno le imprese (edili, di installazione di impianti, o aventi attività integrata), che non possiedono la capienza fiscale sufficiente per assorbire i crediti fiscali trasferiti e che, per attivare un volume significativo di operazioni, necessitano obbligatoriamente di disporre della facoltà dell’ulteriore cessione, non prevista dal nuovo meccanismo;
– non saranno le ESCo, per lo stesso motivo;
– ma potranno essere solo le maggiori utilities dotate di sufficiente capienza fiscale e operanti nel settore dell’energia.
Questi ultimi soggetti saranno pertanto i soli a beneficiare del duplice effetto del provvedimento: la canalizzazione solo verso di essi delle attività promosse dal nuovo meccanismo e il minor costo finanziario connesso al periodo di compensazione fiscale dimezzato (per l’ecobonus e per gli interventi combinati). L’importante mercato della riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare ad uso residenziale sarà concentrato nelle mani di un oligopolio di Utilities, con il rischio di un cartello che per un verso detti le condizioni alle imprese della filiera e per altro verso limiti significativamente la libertà di scelta dei condòmini-consumatori finali.
Un’altra annotazione critica rispetto alla nuova modalità introdotta dal Decreto Crescita sulla specifica materia riguarda il punto laddove si precisa che la nuova opzione disponibile per i soggetti aventi diritto agli incentivi consiste nell’optare per un contributo, anticipato dal fornitore che ha effettuato l’intervento, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, di un ammontare pari alle detrazioni generate dall’attività realizzata.
È evidente come tale formulazione sia in grado di generare nei confronti dei proprietari e dei condòmini la legittima aspettativa di poter ottenere uno sconto di importo pari al valore dell’incentivo e di dover sostenere esclusivamente la differenza non coperta dal medesimo. Tale aspettativa è illusoria e ingannevole nei confronti dei condomìni poiché è legittimo ritenere che la durata dell’anticipazione (5 anni) non può essere a costo zero per i condòmini. La stessa aspettativa è altresì in contrasto con la posizione dell’Agenzia delle entrate che, in merito alla detraibilità degli oneri finanziari, nega che possano essere inclusi tra le spese incentivate.