Novembre 13, 2020

Francesca Manso

Corporate PPA per le imprese, le osservazioni di BayWa r.e.

Francesca Manso, Key Account Manager di BayWa r.e. Energy Solutions, ci parla dei Corporate PPA e dei vantaggi dell’acquisto di energia green per le imprese.

Francesca Manso, Key Account Manager di BayWa r.e. Energy Solutions, ci parla dei Corporate PPA e dei vantaggi dell’acquisto di energia green per le imprese.

I Corporate Power Purchase Agreement sono contratti di vendita di energia alle imprese.
Vendere energia è una pratica che, nell’immaginario collettivo, riguarda quasi esclusivamente le grandi utility e le fonti di energia fossile. Nel mondo delle rinnovabili, invece, questi tipi di strumenti hanno faticato ad affermarsi, soprattutto a causa di una difficoltà legata ai costi – molto onerosi – degli impianti.

Da qualche anno però, le cose sono profondamente cambiate. Grazie alla ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie, il costo degli impianti di energia rinnovabile si è abbassato in maniera vertiginosa, sino a diventare così contenuto da non necessitare più di quel sistema di incentivi statali che era stato invece alla base degli investimenti in impianti fotovoltaici dei primi anni 2000. Oggi le aziende attive nel settore delle rinnovabili possono creare energia pulita e venderla a prezzi incredibilmente competitivi.

I Corporate PPA si distinguono essenzialmente in due tipologie: PPA Off-Site e PPA On-site. I PPA off-site consistono in un contratto di acquisto di energia green prodotta in un impianto lontano dalla propria sede e dagli stabilimenti aziendali. I PPA on-site, invece permettono ad un’azienda di sfruttare il proprio o i propri stabilimenti per realizzare impianti fotovoltaici in loco.

L’impianto resta di proprietà della società che lo sviluppa, e che prende in affitto – ad esempio – il tetto detto dell’azienda, mentre quest’ultima si impegna ad acquistare l’energia prodotta, evitando così il rischio finanziario dell’investimento.

Chiaramente, per loro stessa natura, i primi sono più adeguati a multinazionali o a grandi realtà industriali che consumano un quantitativo notevole di energia e hanno quindi bisogno di impianti molto estesi; mentre i secondi, risultano più indicati per piccole o medie imprese.

Questi tipi di accordi contrattuali, flessibili e studiati su misura per le peculiari esigenze di ogni impresa, non prevedono investimenti da parte dell’azienda, perciò sono attuabili anche senza alcun incentivo statale e garantiscono un risparmio fino al 30% sulle attuali spese di acquisto dell’energia elettrica.

Allocare dei budget sull’efficienza energetica in tempi così incerti può sembrare una scelta azzardata solo se non si conoscono gli innumerevoli vantaggi economici di cui le aziende possono beneficiare. In più, se l’azienda preferisce destinare i propri investimenti al proprio core business, alcune società forniscono loro soluzioni di leasing: l’impresa paga così una rata, ma quella rata è coperta dal risparmio che si manifesta in bolletta. Sostenibilità oggi è a tutti gli effetti sinonimo di opportunità economica.

A questo punto verrebbe da chiedersi come mai la fama dei Corporate PPA non abbia ancora raggiunto i livelli che meriterebbe, dati i diversi benefici che questi ultimi sono in grado di garantire. Bene, il motivo è molto semplice: non sono abbastanza conosciuti. Una buona percentuale del tempo di chi lavora nel mondo delle energie rinnovabili viene speso per “educare”. Educare, nel caso dei Corporate PPA, non significa semplicemente preparare dei piani di investimento che dimostrino che i numeri funzionano o che il ritorno sull’investimento è particolarmente appetibile. Significa, invece, dover raccontare l’esistenza di un nuovo mondo alle imprese, ai suoi legali, alla loro amministrazione.

Il tessuto economico italiano – lo sappiamo bene – si compone, per la quasi totalità, di piccole e medie imprese che spesso non hanno un energy manager capace di orientare sapientemente le loro scelte.

Ed è per questo motivo che si rende necessario l’intervento dello Stato, al quale – si badi bene – non vengono più richiesti quegli incentivi di cui si è detto prima, che nel primo decennio degli anni 2000 hanno portato ad un improvviso (ed effimero) boom del fotovoltaico; ma aiuti volti a sensibilizzare e promuovere questo tipo di iniziative da parte delle imprese. Potrebbe bastare, ad esempio, l’abolizione dell’IMU sull’impianto, o più in generale un sistema di sgravi fiscali. Lo Stato dovrebbe diventare orgoglioso portavoce di questo messaggio: investire in sostenibilità conviene al pianeta, ma anche alle aziende.

Abbiamo tante sfide da affrontare nell’ambito della sostenibilità: ce le ricorda il Recovery Fund, ce lo ricorda il Green Deal europeo. Il nostro Paese ha in mano strumenti inediti per imprimere una svolta sostenibile alla propria economia, e deve farlo, senza esitare ulteriormente. I tetti italiani sono ancora troppo vuoti, e invece andrebbero riempiti di impianti fotovoltaici. Perché il sole – almeno quello – non ci manca.

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