La battaglia tra Cina e Unione Europea riguardante il mercato fotovoltaico potrebbe finalmente concludersi con una resa concordata tra le due parti.
La battaglia tra Cina e Unione Europea riguardante il mercato fotovoltaico potrebbe finalmente concludersi con una resa concordata tra le due parti.
Karel De Gucht, commissario europeo al Commercio, ha così dichiarato: “Dopo settimane di intensi colloqui posso dire oggi d’essere soddisfatto dell’offerta di un impegno sui prezzi presentata dagli esportatori di pannelli solari in Cina, così come previsto dalla normativa Ue sulla difesa commerciale. Questa è la soluzione amichevole che entrambi stavamo cercando”.
L’industria asiatica ha presentato la propria offerta dopo settimane di intensi negoziati e dopo l’istituzione, lo scorso 6 giugno, di dazi antidumping provvisori sulle importazioni UE.
Le aziende esportatrici, grazie all’impegno offerto dai produttori cinesi, potranno essere esenti dalle nuove tasse doganali.
De Gucht auspica che la nuova misura possa stabilizzare il mercato comunitario del fotovoltaico, cercando di eliminare i danni causati all’Europa dalle pratiche antidumping: “Abbiamo trovato una soluzione amichevole che si tradurrà in un nuovo equilibrio sul mercato dei pannelli solari ad un livello di prezzo sostenibile. Dopo aver sentito il comitato consultivo, composto da Stati membri, intendo presentare questa offerta all’approvazione della Commissione europea”.
Il presidente del Comitato IFI, Alessandro Cremonesi, non sembra però soddisfatto della soluzione adottata: a suo parere, infatti, l’esecutivo UE sarebbe uscito dal proprio ruolo tecnico assegnatogli nella valutazione degli esiti dell’investigazione facendosi “persuadere da spinte politiche di alcuni Paesi che ritenevano negative le conseguenze e le ritorsioni che la Cina avrebbe potuto mettere in atto e che, in alcuni casi, ha già avviato”.
Per l’associazione, “Da oggi, ogni Paese forte che intenderà operare commercialmente in Europa saprà che c’è un’Europa negozialmente più debole, che accetterà anche compromessi in aperta violazione delle proprie norme, principi, regolamenti. Non si conosce l’importo del prezzo fissato, ma è chiaro che lo stesso non possa essere molto dissimile da quello già individuato dalla Commissione nel proprio regolamento esecutivo, che ha imposto dazi tra il 47% e il 67%. A questo va sommato inoltre un ulteriore importo che sarà dedotto dalle evidenze sulla parallela indagine anti- sovvenzioni illegali, in procinto di essere conclusa, nelle sue procedure preliminari. Non tenendo conto di questi due elementi sommati uno all’altro , nessun livello di pregiudizio può essere rimosso, per il presente e per il futuro”.
Dal canto suo, anche AFASE esprime delle perplessità in merito alla vicenda: “Se il prezzo minimo pattuito tra l’Unione europea e la Cina fosse troppo alto, dovremmo licenziare personale in UE e cercare di offrire la nostra competenza sul solare al di fuori dell’Europa, dove la domanda di energia solare sta esplodendo. Tuttavia, lavoreremmo allora con installatori locali a discapito delle migliaia di installatori europei che rimarrebbero senza progetti solari su cui lavorare”, ha dichiarato Thorsten Preugschas, amministratore delegato di Soventix e presidente di AFASE.
Denis Gieselaar, direttore di Oskomera Solar Power Solutions e membro del consiglio direttivo di AFASE, aggiunge: “Non vogliamo un aumento dei prezzi poiché diminuirebbe la domanda in Europa. Un accordo basato su prezzi minimi irragionevoli sarebbe una sconfitta su tutta la linea, anche per i produttori europei, in un momento in cui l’Europa cerca in modo disperato di stimolare la creazione di posti di lavoro ‘verdi'”.