Boston, al MIT si ottimizza l’efficienza dei sistemi termofotovoltaici

Maggio 27, 2016
Daniele Preda

Al MIT di Boston si lavora per incrementare la qualità delle celle fotovoltaiche e per avvicinarsi al massimo teorico di efficienza del 33,7%. sancito dal limite di Shockley-Queisser.

Al MIT di Boston si lavora per incrementare la qualità delle celle fotovoltaiche e per avvicinarsi al massimo teorico di efficienza del 33,7%. sancito dal limite di Shockley-Queisser.
Pur considerando il limite imposto a livello fisico-strutturale, oggi è possibile incrementare la capacità di conversione della singola cella, andando a ottimizzare differenti parametri. Le tecniche più diffuse includono l’adozione di celle multi-giunzione, costruite con più strati di semiconduttori diversi, oppure il recupero di elettricità dal calore generato durante l’assorbimento della luce.

Proprio in questo caso si parla di unità STPV, o termofotovoltaiche, specifici apparati che adottano un assorbitore a nanostruttura, capace di catturare l’energia solare e di riscaldarsi durante il processo.
La restante parte incorpora un emettitore, in grado di illuminarsi se sollecitato termicamente e di emettere fotoni sulla medesima lunghezza d’onda delle convenzionali celle fotovoltaiche.
Proprio basandosi su questa tecnologia, al MIT si dicono ottimisti e tenteranno di sviluppare una piattaforma che possa abbattere il limite di Shockley-Queisser.

Ad oggi, gli scienziati sono riusciti a realizzare una cella STPV con un’efficienza superiore a quella del fotovoltaico tradizionale, integrando cristalli nanofotonici e nanotubi di carbonio.

Una volta esposto il sistema a una temperatura di 1.000°C, i cristalli hanno reagito, emettendo luce “compatibile” con la cella integrata. Non solo, grazie ai nanotubi di carbonio, l’assorbimento dei raggi solari è completo, grazie alla proprietà del materiale stesso, capace di assorbire l’intero spettro.

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