Venerdì 4 giugno si è tenuto un workshop RSE, CNR, ENEA sul ruolo della ricerca e dell’innovazione nella filiera fotovoltaica, in vista della transizione energetica del nostro Paese.
Venerdì 4 giugno si è tenuto un workshop RSE, CNR, ENEA sul ruolo della ricerca e dell’innovazione nella filiera fotovoltaica, in vista della transizione energetica del nostro Paese.
Al centro, le priorità del SET Plan l’agenda strategica legata al PNRR. Gli ospiti intervenuti hanno contribuito a tratteggiare quale possa essere l’apporto dell’R&D in Italia. La ricerca è determinante per il fotovoltaico ed è la base per raggiungere gli obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione e per un futuro green.
Tra gli intervenuti, per citarne alcuni: Fabrizio Bizzarri di Enel Green Power, Chiara Busto (ENI), Alessandro Barìn FuturaSun ), Mario Tucci (ENEA), Michele Bina (Senior Consultant di IRENA).
Per parlare delle sfide del fotovoltaico integrato in edifici/infrastrutture, di comunità energetiche e delle nuove filiere industriali, è intervenuto David Moser di Eurac Research.
Un altro tema particolarmente importante è l’agrivoltaico sostenibile e il fotovoltaico per i bacini idrici e le isole energetiche offshore. Ne hanno parlato gli esperti Alessandra Scognamiglio (ENEA, Coord. Task Force Agrivoltaico Sostenibile), Alessandro Reboldi (REM Tec srl ), Claudio Lugni (CNR, IWG Offshore Wind SET Plan), Gianni Falchetti (AD SENTNET) e Paola Delli Veneri (Chair).
Il punto di vista di FuturaSun
FuturaSun ha preso parte al Workshop “Fotovoltaico motore della transizione ecologica”. Alla tavola rotonda ha partecipato Alessandro Barin, CEO di FuturaSun, in collegamento dalla Cina, dalla SNEC di Shanghai.
Gli spazi per il rilancio di una filiera fotovoltaica italiana ed europea ci sono, perché gli obiettivi energetici globali impongono di ampliare la produzione delle energie rinnovabili, fotovoltaico in primis. In questo, come in moltissimi altri settori tecnologicamente evoluti, Italia ed Europa possono giocare le loro carte migliori in termini di innovazione e ricerca, grazie al consolidato know-how diffuso ed alla capacità produttiva del proprio tessuto imprenditoriale.
È importante sostenere un approccio di filiera che non sia focalizzato solo su alcuni singoli passaggi produttivi: è essenziale capire che lo sviluppo dei moduli fotovoltaici passa dallo sviluppo e dall’ottimizzazione di tutti i componenti con cui vengono realizzati. Il lavoro da fare è molto, occorrono investimenti coraggiosi per costruire prodotti innovativi ed efficienti.
Soprattutto in fase di rilancio, la filiera fotovoltaica italiana dovrebbe poter essere sostenuta dal punto di vista finanziario, cioè non tanto e non solo con incentivi pubblici al sostegno dell’offerta o all’insediamento produttivo, quanto piuttosto alla creazione di un ecosistema favorevole al suo sviluppo con una stretta integrazione con tutto il tessuto locale, tecnico, produttivo, logistico e finanziario.
C’è bisogno di una “politica industriale”, che supporti le aziende del fotovoltaico permettendo l’accesso alla finanza necessaria per investimenti orientati alla ricerca ed innovazione, e quindi alla scommessa sulla crescita economica, piuttosto che sulla redditività sicura di mercati maturi. Questa è la differenza maggiore che si coglie guardando ai distretti americani e cinesi e confrontandoli con quelli europei ancora troppo poco dinamici.
Il successo di FuturaSun è stato quello di riuscire a muoversi con la necessaria adattabilità sul fronte internazionale, aprendosi a dinamiche opportunità di crescita pur restando italiana: una competenza che FuturaSun potrà mettere al servizio di una politica nazionale di rilancio del fotovoltaico, quale motore della transizione ecologica.
In una recente intervista rilasciata sul nostro giornale online dedicato al fotovoltaico, parlando di R&D e “Solar Manufacturing Accelerator”, Barin si è espresso chiaramente:
Lo sforzo maggiore per gli europei sarà quello di superare l’ostacolo più grande: unire e convogliare energie e grandi risorse in una entità composta da 26 Paesi diversi, con lingue e mentalità differenti, e ricostruire una filiera partendo quasi da zero. L’Europa deve trovare una strada propria, ben distinta a livello produttivo e strategico rispetto al percorso che vede ancora oggi la Cina protagonista. Questo Paese ha avuto successo nel giro 6-7 anni, investendo molte risorse e molto velocemente: la Cina ha trasformato un prodotto, la cella PERC, che è diventato di massa, a basso costo, e di qualità media.
Nel breve periodo non immagino particolari obiettivi.
Più a lungo termine l’EU deve riattivare un’intera filiera: obiettivo che vedo realizzabile in un lasso temporale di circa 10-15 anni, presentando una tecnologia avanzata. Per avanzata intendo con efficienze il più elevate possibile e massimizzando la resa in tutte le condizioni di irraggiamento: oltre le attuali eterogiunzioni al silicio, IBC o TopCon.Si tratta di investire in queste tecnologie che, al momento, sono sottosviluppate nel mondo: è proprio questo il momento giusto, e la giusta occasione, per ricreare una filiera produttiva che possa superare quella cinese.
Il modus operandi della Cina può essere da esempio: “scoprire” una tecnologia e trasformarla in prodotto di massa. Il mercato asiatico stesso trarrebbe vantaggio da una rinnovata concorrenza europea.
Occorrono investimenti coraggiosi per costruire prodotti innovativi ed efficienti. L’Europa ha bisogno di essere veramente “disruptive”, agevolando l’unione di forze tra le aziende che, alleandosi, potrebbero creare un vero effetto volano. Sarà necessario ricreare l’intera filiera: dai produttori di junction box, a quelli di film incapsulanti e isolanti, ribbon, vetri, coating…