Presso il celebre ateneo californiano Stanford University è stato messo a punto un assorbitore di luce visibile che pare essere il più efficiente e sottile a livello globale.
Presso il celebre ateneo californiano Stanford University è stato messo a punto un assorbitore di luce visibile che pare essere il più efficiente e sottile a livello globale.
Nello specifico, si tratta di una struttura molto più sottile di un tradizionale foglio di carta che – come spiegano gli scienziati – “potrebbe ridurre il costo nonché migliorare l’efficienza delle celle solari, grazie alla richiesta di minor materiale”.
I ricercatori si sono cimentati per mesi sulla riduzione di spessore della cella cercando però di non comprometterne le capacità di assorbimento e di conversione della luce in energia pulita. Da ciò è risultato un wafer sottile punteggiato da migliaia di miliardi di particelle rotonde d’oro.
Ciascuna particella, dal nome Nanodot, è d’oro e misura circa 14 nanometri di altezza e 17 nanometri di larghezza.
La cella assorbe le onde luminose di colore rosso-arancio e lunghe circa 600 nanometri. Il ricercatore Hagglund ha così commentato: “i wafer ricoperti hanno assorbito il 99% della luce rosso-arancio. Abbiamo anche raggiunto il 93% di assorbimento negli stessi nanodots d’oro. Il volume di ogni punto equivale ad uno strato d’oro spesso 1,6 nanometri: circa 1.000 volte più sottile degli assorbitori delle celle solari attualmente in commercio”.
Stacey Bent, professore di ingegneria chimica, nonché membro del team di ricerca, ha dichiarato: “Il raggiungimento di un completo assorbimento della luce visibile con una minima quantità di materiale è altamente auspicabile per molte applicazioni, tra cui la conversione di energia solare in combustibile ed energia elettrica. I nostri risultati dimostrano che un sottilissimo strato di materiale è in grado di assorbire quasi il 100 percento della luce incidente di una lunghezza d’onda specifica”.
Il prossimo passo sarà quello di dimostrare che la tecnologia può essere utilizzata anche nelle celle solari reali.
Gli scienziati ritengono che questo tipo di innovazione tecnologica possa essere maggiormente praticabile utilizzando un materiale meno costoso dell’oro: “Abbiamo scelto l’oro perché era il materiale chimicamente più stabile per il nostro esperimento” ha concluso Hagglund.