Moduli e pannelli al silicio mono e multicristallino dominano il mercato fotovoltaico, ma si lavora alacremente per incrementarne produttività e ridurre i costi.
Moduli e pannelli al silicio mono e multicristallino dominano il mercato fotovoltaico, ma si lavora alacremente per incrementarne produttività e ridurre i costi.
Pannelli amorfi o thin film hanno trovato impiego in differenti contesti, dove risultano maggiormente vantaggiosi ma la base al silicio rimane la più diffusa ed economica.
I ricercatori dell’Università di Osaka, in Giappone, stanno lavorando per migliorare questa tecnologia, rimuovendo il canonico strato antiriflesso e assicurando una elevata efficienza.
Il fotovoltaico “a bassa riflessione” adotta processi analoghi a quelli utilizzati per lo sviluppo del silicio nero, con una tecnica denominata “surface structure chemical transfer” (SSCT). Il trasferimento chimico della struttura superficiale prevede l’immersione del semiconduttore in un catalizzatore capace di trasferire la propria struttura superficiale direttamente sul silicio.
In questo modo si ottengono celle dotate di nano strutture capaci di assorbire al meglio i fotoni e limitando la riflessione della luce. Non solo, oltre a una attenta passivazione del device, si è lavorato per aumentare la cattura della luce infrarossa.
Secondo gli esperti, oltre a una grande efficienza, tali celle potrebbero essere prodotte con sforzi limitati e con un time-to-market contenuto. I processi di lavorazione sarebbero infatti semplici da mettere in atto e molto efficaci.