Dicembre 11, 2011

Cristiano Sala

Substrati di chitina per il fotovoltaico

È stato un gruppo di biologi della Kyoto University a sviluppare per primo l’ipotesi che potrebbe portare alla produzione di nuovi e più versatili supporti trasparenti per l’elettronica, che promettono di velocizzare l’introduzione, tra gli altri, di nuove generazioni di pannelli fotovoltaici.

È stato un gruppo di biologi della Kyoto University a sviluppare per primo l’ipotesi che potrebbe portare alla produzione di nuovi e più versatili supporti trasparenti per l’elettronica, che promettono di velocizzare l’introduzione, tra gli altri, di nuove generazioni di pannelli fotovoltaici.

L’esperimento è stato condotto sulla corazza di un granchio che, opportunamente trattata con acidi e idrossidi, ha mantenuto inalterate e facilmente accessibili le proprietà del substrato traslucido di chitina. Osservando l’elevata trasparenza del materiale, è stato sviluppato un processo di laboratorio per la lavorazione delle particelle a livello microscopico. Dopo avere ridotto il guscio traslucido in polvere, è stato disposto su un foglio a nano-strutture che, successivamente, ha subito un processo di polimerizzazione. In questo modo è stato possibile produrre una lamina ottica con ottime proprietà di trasmissione ottica e una trasparenza perfetta.

Tra i possibili benefici dell’impiego di una simile innovazione, c’è sicuramente la maggiore stabilità della struttura. Il nuovo materiale risulta infatti più solido e meno soggetto a modifiche, neppure se riscaldato intensamente. Rispetto alle tradizionali resine epossidiche o alla fibra di vetro, si è dimostrato circa 10 volte più resistente.

Osservando queste caratteristiche risulta facilmente immaginabile l’utilizzo possibile in campo fotovoltaico, cioè come substrato per le celle solari. L’elevata trasmissione della luce permetterebbe un netto incremento della capacità di assorbimento e la resa generale dei pannelli FV. In particolare, grazie alla capacità di lavorare a temperature elevate è possibile garantire una maggiore stabilità, laddove, invece, gli attuali composti mostrano una drastica riduzione della trasmissione luminosa, quando si opera a temperature di 90°C – 100°C.

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