La continua espansione del segmento delle energie rinnovabili è stata costantemente accompagnata da leggi specifiche e ambiti normativi sempre più definiti.
La continua espansione del segmento delle energie rinnovabili è stata costantemente accompagnata da leggi specifiche e ambiti normativi sempre più definiti. Oltre ai criteri per la progettazione e per la costruzione degli impianti è bene tenere in considerazione il futuro di queste strutture, particolare che comprende anche lo smaltimento a fine vita del prodotto.
Per quanto possa sembrare un problema lontano, deve essere considerato sin da oggi. Di fatto, la vita stimata dei moduli fotovoltaici è compresa tra 50 e 100 anni, tuttavia, la vita utile dei pannelli, entro la quale possono produrre il massimo dell’energia prevista, è invece di circa 20 – 25 anni e ci obbliga a valutare sin da oggi gli scenari dei prossimi decenni.
Per valutare l’impatto relativo allo smaltimento dei pannelli è bene considerare la struttura dei singoli prodotti, che sono composti da più strati. Solitamente, un pannello fotovoltaico incorpora un vetro temprato, molto robusto e capace di sostenere urti e pressioni elevate. Lo strato successivo è occupato dalle singole celle fotovoltaiche, abbinate a due substrati di materiale sintetico EVA (Etilene Vinil-Acetato).
Le celle e il composto EVA sono uniti al vetro tramite un processo di laminazione, necessario per assicurare un’elevata protezione per la componentistica elettrica. In aggiunta è presente un quinto livello, costituito da una pellicola PVF (PolyVinyl Fuoride) che opera in congiunzione con la precedente struttura EVA e assicura una grande resistenza all’invecchiamento. Completano il pannello, una cornice in metallo anodizzato e la scatola di giunzione, con i relativi cavi.