I pannelli fotovoltaici più diffusi sono quelli al silicio cristallino (monocristallini e policristallini), prodotti composti da numerosi strati sovrapposti. Di fatto la struttura di base comprende un robusto vetro temprato e, successivamente, uno strato composto dalle singole celle fotovoltaiche, abbinate a due substrati di materiale sintetico EVA (Etilene Vinil-Acetato).
Le celle e il composto EVA sono uniti al vetro tramite un processo di laminazione, necessario per assicurare un’elevata protezione per la componentistica elettrica.
Un successivo livello, costituito da una pellicola PVF (PolyVinyl Fuoride), opera come congiunzione con la precedente struttura EVA e assicura una grande resistenza all’invecchiamento. A completamento della tipica struttura, una cornice in metallo anodizzato, la scatola di giunzione e i relativi cavi.
Tutti questi materiali risultano aggregati tra loro attraverso differenti processi lavorativi, pertanto, prima di avviare lo smaltimento di un pannello è necessario disassemblare ogni parte. In pratica si tratta di un processo molto simile a quello che viene adottato per il riciclo di componenti elettrici o elettronici, come frigoriferi o televisori.
All’atto pratico, la componente vetrosa può essere sganciata dalle celle, mentre il profilo di metallo deve essere tagliato e rimosso, avendo cura di eliminare le guarnizioni in mastice precedentemente applicate. Cavi e junction box devono essere asportati, per poter essere reimpiegati nei processi di lavorazione. Lo strato EVA protegge le celle in silicio e viene trattato secondo criteri analoghi a quelli dei pannelli in plastica resistenti ai liquidi.
Lo smaltimento del silicio viene assimilato a quello dei circuiti elettronici presenti nei personal computer e in altri dispositivi elettronici. Non si tratta di un materiale pericoloso o tossico in sé. Questo materiale non altera le proprie peculiarità nel tempo e conserva la capacità ricettiva e di trasformazione dell’irraggiamento luminoso in energia elettrica. L’effettivo decadimento delle prestazioni di un modulo fotovoltaico è infatti da ricercarsi principalmente nell’usura dei componenti elettronici e nell’ossidazione dei contatti. Proprio per questo i moduli possono essere riciclati e resi nuovamente operativi da aziende specializzate.
Nonostante la maggior parte dei componenti utilizzati sia inerte, esistono componenti potenzialmente pericolosi, tra questi c’è il tellururo di cadmio (CdTe).
Per quanto riguarda i moduli cristallini, caratterizzati da una quantità di silicio elevata, è possibile riciclare questa materia base nell’industria solare, mentre altri componenti seguiranno un percorso dedicato, come accade per l’alluminio e il vetro che verrà fuso nuovamente. È inoltre possibile recuperare il rame dei cablaggi, che rientra nel circuito della materie prime seconde.
I moduli a film sottile, invece, non contengono elevate componenti di silicio. Da questi pannelli si possono recuperare solamente i supporti metallici e il rame.
In base alle peculiarità dei differenti pannelli e alla metodologia operativa messa in atto dalle aziende specializzate, i processi per separare i singoli componenti possono essere termici oppure meccanici.
Come evidenziato dalle società che operano nel settore, il processo di smantellamento comprende fondamentalmente due macro-passaggi. Il primo consente di staccare il cristallo del modulo, frantumandolo e direzionandolo verso un percorso di triturazione. La seconda fase avviene a temperatura controllata e consente di separare i singoli materiali, ottenendo materiale plastico, polvere di silicio e rame.
In base alla tecnologia e ai macchinari adottati per la lavorazione è possibile trattare un elevato numero di unità e arrivare a una tonnellata all’ora (circa 50 moduli all’ora).
All’atto pratico, i centri più all’avanguardia sono in grado di recuperare circa il 98% del peso di ciascun modulo, con oltre 15 Kg di vetro, circa 3 Kg di plastica e 2 Kg di alluminio. Le componenti più “leggere”, quali silicio e rame, sono recuperate sotto forma di polvere e filamenti, per un peso complessivo di poco superiore a 1 Kg.