Elettricità Futura sottolinea l’importanza di un capacity market strutturato nel nostro Paese; un tassello fondamentale per supportare la decarbonizzazione.
Elettricità Futura sottolinea l’importanza di un capacity market strutturato nel nostro Paese; un tassello fondamentale per supportare la decarbonizzazione.
In uno scenario di decarbonizzazione come quello delineato a livello italiano (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima – PNIEC), che al 2030 prevede oltre il 55% di fonti rinnovabili nel settore elettrico l’esistenza di capacità produttiva programmabile è sempre più essenziale con il ruolo di back-up per compensare le fluttuazioni nella produzione di energia elettrica da Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) intermittenti, al fine di garantire la sicurezza e la costante copertura di tutta la domanda di energia.
In questo contesto, si registra però un significativo peggioramento dei fattori di utilizzo e della sostenibilità economica degli impianti di generazione convenzionale anche ad alta efficienza e limitato impatto ambientale, necessari per il suddetto ruolo di back-up della produzione da FER.
Nei mercati energy-only come quello italiano l’incremento della produzione elettrica da FER con costi variabili pressoché nulli può causare infatti una incapacità del prezzo di dare segnali di medio-lungo termine efficaci per indirizzare le decisioni di investimento/disinvestimento in impianti potenzialmente necessari al sistema.
L’attuale struttura del mercato non rende economicamente sostenibile il mantenimento in esercizio di impianti che comunque sono necessari per la gestione del sistema elettrico, con il paradosso che oggi diverse centrali hanno avuto il diniego da parte di Terna alla dismissione senza peraltro ricevere alcuna remunerazione per mantenersi disponibili ad entrare in servizio.
Il mercato elettrico italiano deve quindi evolvere da un lato per consentire l’incremento della generazione elettrica rinnovabile ed il phase-out degli impianti termoelettrici a più alto impatto climalterante, e dall’altro per rispondere all’esigenza di adeguatezza del sistema elettrico, con adeguati segnali di prezzo.
Per tali ragioni nasce la necessità di istituire un capacity market come integrazione ai mercati dell’energia. Meccanismi per garantire l’adeguatezza di sistema come il capacity market e/o riserve strategiche sono già previsti e operativi in molti paesi europei (UK, Francia, Germania, Irlanda) e in Nord America (PJM).
Come affermato dalla stessa Commissione Europea, l’Italia ha introdotto anche tutta una serie di ulteriori misure e riforme di mercato per correggere i fallimenti del mercato energy-only e incrementare l’adeguatezza:
– Market coupling (frontiera nord Italia: Slovenia, Francia Austria);
– Intraday trading: maggior numero di aste, partecipazione X-BID per integrazione mercati continuous trading ID cross-border, riforma per avvicinamento gate closure a tempo reale;
– Progetto revisione sbilanciamenti (verso nodale);
– Apertura MSD (delibera 300/17 progetti pilota UVAM, UVAS, UVAR, UPI, UPR);
– Grid scale storage project (Terna e altri);
– Incremento interconnessioni, in particolare Piossasco-Grand’Ile e Italia-Montenegro (in totale 11 progetti di interconnessione).
Come rilevato dalla Commissione Europea, anche con queste misure (che avranno, soprattutto alcune, effetto in medio-lungo termine) resta il problema del missing money (scarcity price non consentiti). Pertanto, la Commissione Europea ha certificato che nonostante le suddette misure, i fattori che causano il rischio di mancanza di capacità continuano ad esistere ed è pertanto giustificata l’introduzione di un meccanismo di mercato della capacità.
Un meccanismo di capacity market ben disegnato ed integrato nell’architettura di mercato consente di avere:
• Adeguatezza di sistema ad un costo efficiente grazie a meccanismi competitivi di mercato, agendo da “assicurazione” verso eventi estremi e costosi come i blackout;
• Protezione dei consumatori da volatilità e da consistenti spike dei prezzi;
• Efficienti segnali di prezzo di medio-lungo termine per indirizzare le decisioni di investimento/disinvestimento in impianti coerentemente con le esigenze del sistema;
• Riduzione dei costi complessivi nel Mercato dei Servizi di Dispacciamento;
• Migliore coordinamento tra sviluppo della rete e sviluppo della capacità produttiva;
• Certezza di assecondare la crescita della generazione FER verso gli obiettivi di decarbonizzazione;
• Uno strumento indispensabile per traguardare il phase-out del carbone al 2025;
• Una partecipazione delle fonti rinnovabili, della domanda e dell’import coerente con l’impostazione inclusiva del meccanismo.
Questo tipo di meccanismo (central buyer descending auctions) pertanto, non rappresenta assolutamente un sussidio, quanto piuttosto un vero e proprio mercato competitivo ed efficiente, che è la necessaria integrazione del mercato dell’energia, permettendo il raggiungimento degli obiettivi di adeguatezza (in termini di LOLE – Loss Of Load Expectation – ed ENS – Energy Not Served) a costi efficienti ed evitando over-remuneration.
La capacità selezionata nelle aste del capacity market sarà obbligata a offrire l’energia sui mercati day ahead, intraday ed MSD. Se le offerte di energia presentate da tali impianti saranno accettate, allora dovranno restituire la differenza (se positiva) tra prezzo del mercato e strike price (cosiddetta payback obligation, che riduce il costo del meccanismo stesso).
Come riportato nel provvedimento di approvazione del CRM italiano da parte della Commissione Europea, le stime di costo vanno da 0,9 a 1,4 mld, ma considerando la payback obligation il costo sarà minore. Inoltre, va considerato che il capacity market andrà a sostituire l’attuale sistema transitorio di capacity payment, che ha un costo di circa 150 milioni di euro all’anno, e contribuirà a rendere più efficiente e prevedibile il mercato dei servizi.
L’approvazione finale della disciplina, che tiene conto delle recenti integrazioni finalizzate a tenere conto dei rigidi limiti di emissione di CO2 per gli impianti partecipanti (EPS – Emission Performance Standard), è avvenuta a giugno 2019 dopo 8 anni dall’avvio del procedimento con la delibera 98/2011 di ARERA (e a ben 16 anni dal primo provvedimento legislativo che ne prevedeva l’istituzione), ed è perciò stata oggetto di una fin troppo prolungata fase di gestazione, con numerose consultazione pubbliche, sia da parte di Terna che di ARERA.
Inoltre, alla luce del quadro normativo recentemente approvato dalla UE, non c’è nemmeno tecnicamente modo di riaprire la discussione, poiché se non si assegneranno i nuovi contratti entro l’anno (clausola di grandfathering valida per meccanismi già varati al 4 luglio 2019) si dovrà ripartire da zero con l’approvazione di un nuovo schema. Pertanto, chiedere ulteriori riflessioni e valutazioni equivale a dire che non si deve partire affatto e quindi non avremo mai un piano per affrontare le sfide che, soprattutto con il phase- out del carbone, si porranno dal 2025.
Peraltro, il capacity market italiano sarà aperto anche alla generazione rinnovabile, alla domanda e alle interconnessioni con l’estero, tenendo in considerazione i tassi di indisponibilità di ogni tecnologia in maniera differenziata. Con tale meccanismo, inoltre le centrali a gas flessibili ed efficienti potranno continuare a offrire energia sul mercato ed essere pronte a dare il loro contributo di flessibilità/back up quando necessario. In caso di offerta di pari livello nelle aste, verrà data priorità alle centrali più flessibili. Come detto, le ultime modifiche apportate alla disciplina vincolano l’utilizzo di impianti ammessi al capacity secondo criteri basati sulle emissioni di CO2, che dal punto di vista tecnico sono correlate anche all’efficienza dell’impianto.
Sottolineiamo che il capacity market italiano si configura comunque come un meccanismo transitorio (non a caso è stato approvato per un periodo di 10 anni), visto che al 2040/2050 saranno le nuove tecnologie, a partire dalle batterie, a garantire l’adeguatezza del sistema, ma al momento tale possibilità è oggettivamente non percorribile.
Una considerazione finale: è veramente incomprensibile che soggetti i quali, come noi, lavorano per promuovere la transizione energetica, il phase-out dal carbone e lo sviluppo delle fonti rinnovabili prendano una posizione oggettivamente a favore dello status quo che, se dovesse prevalere, impedirebbe il raggiungimento dei target di decarbonizzazione del nostro paese, peraltro senza fornire alcuna spiegazione su come, a loro avviso, potrebbero essere raggiunti tali obiettivi al 2025 e al 2030 senza tale strumento.