Roberto Romita, Industrial Key Account Manager – Industrial Division di Sparq esamina le caratteristiche delle batterie al litio primarie, ovvero non ricaricabili.
Quando si parla di batterie primarie spesso si identificano le tradizionali batterie usa e getta, ossia le pile alcaline, insomma le tipologie che utilizziamo ampiamente tutti i giorni in una grande varietà di dispositivi. Tuttavia, esistono anche altre tipologie di batterie primarie che possiedono però caratteristiche molto differenti dalle classiche alcaline: ciò è dovuto a impieghi che richiedono prestazioni particolari. Nella parte precedente avevamo parlato delle celle al litio ricaricabili e delle varie chimiche e le relative caratteristiche molto diverse fra loro mentre in questo articolo parleremo delle batterie primarie, della loro tecnica costruttiva e, attraverso alcuni grafici, delle loro caratteristiche comparate con le batterie tradizionali rappresentate dalle alcaline.
Perché la batteria primaria anziché la ricaricabile
Sebbene il ricaricabile sia più vantaggioso rispetto alle batterie primarie, sia per questioni di impatto ambientale che per l’aspetto economico (una batteria ricaricabile equivale in media a 300-500 batterie primarie), vi sono alcuni impieghi che richiedono un funzionamento costante ma prolungato nel tempo. In questo caso il tempo rappresenta il requisito principale poiché se è vero che la soluzione ricaricabile garantisce un ciclo di vita esteso non può assicurare un ciclo di scarica altrettanto lungo. Qui entra in gioco ancora una volta la chimica della batteria e, come vedremo in seguito, alcune combinazioni sono in grado di rispondere a requisiti di tempo, temperatura e tensione molto stringenti. Per questo motivo le caratteristiche che analizzeremo rendono più adatte per alcuni dispositivi, sia ad uso industriale che domestico le batterie primarie. Per meglio comprendere i motivi della scelta, prendiamo ad esempio il telecomando della TV e il sensore volumetrico wireless di un impianto antiintrusione. Cosa hanno in comune questi due dispositivi? Senz’ombra di dubbio hanno un assorbimento di energia che non presenta picchi particolari, pertanto richiederanno alla batteria una tensione moderata e un tempo di scarica che sia il più lungo possibile. Tuttavia va anche considerata la frequenza di sostituzione, poiché per quanto lungo possa essere il tempo di scarica non sarà mai infinito; in questo caso la sostituzione delle batterie del telecomando non andrà ad interrompere una funzione importante, mentre nel caso del sensore wireless le cose cambiano parecchio. E lo stesso esempio può essere fatto con altri dispositivi come sensori di fumo, sistemi di gas metering, come anche alcuni dispositivi wearable medicali.
Tipologia di chimica
Come detto, per ogni particolare utilizzo vi sono chimiche in grado di soddisfare i relativi requisiti. Va anche considerato, in relazione alle dimensioni del dispositivo che per una stessa chimica possono esistere formati differenti in modo da adattarsi agli spazi interni disponibili e al tipo di ambiente che può anche essere particolarmente gravoso.
Batterie al Litio e Diossido di Manganese (LiMnO2)
Questa combinazione vede ampio utilizzo attraverso il formato a bottone (tipo CR2032) ma anche in formati come la CR123A. Indipendentemente dai formati, la tensione nominale è di 3,00 V e un valore di cut off di 2,00 V, le correnti sono comprese nell’intervallo tra 100 e 8-900 mA con impulsi sovrapposti fino a 5 A. Questa chimica assicura una tensione stabile in relazione a valori di temperatura di esercizio molto differenti, un basso tasso di autoscarica, una curva di scarica costante e una lunga durata operativa – minimo 1 anno per le pile a bottone e fino a 5 per altri formati (fig. 2). Come densità energetica il LiMnO2 può raggiungere un valore di 280 Wh/kg per i formati tipo CR123 e di circa 80 Wh/kg per le pile a bottone (fig. 1). Questa chimica ha un eccellente resistenza alla passivazione, un elettrolita non infiammabile e la capacità di mantenere a lungo le proprie caratteristiche durante lo stoccaggio a temperature non controllate. La temperatura di esercizio compresa fra i – 20 e + 60 °C, rende queste batterie estremamente flessibili e date le dimensioni contenute, possono essere impiegate nei dispositivi di allarme (in particolare nei sensori wireless), nei rilevatori di fumo, nel gas metering, nell’automazione industriale e in tutte quelle applicazioni dove non è possibile effettuare la ricarica della batteria.
Fig.1 – Valori a confronto della densità energetica fra chimiche
Litio Cloruro di Tionile (Li-SOCl2)
Questa chimica si distingue in particolar modo dalle altre innanzitutto per la densità energetica che supera i 500 Wh/kg di materiale; tanto per fare un paragone, l’LFP che è si ricaricabile con tensione nominale simile (3,2 contro i 3,6 V del Li-SOCl2), ma che tuttavia non supera i 120 Wh per kg. Da questo si evince che il Litio Cloruro è una chimica che può garantire prestazioni particolari: queste batterie possono arrivare anche a una durata di 20 anni (fig. 2). A seconda della tipologia costruttiva le Li-SOCl2 sono in grado di erogare valori nominali di corrente di pochi μA e impulsi periodici tipici compresi in un range fra 5 e 150 mA per quanto riguarda le bobinate mentre le spiralate hanno correnti di base di qualche mA, impulsi periodici fra 50mA e 2A. Il range di temperatura di esercizio è molto esteso, fra – 60 e +150 °C.
Fig. 2 – Ciclo di vita delle varie chimiche
Caratteristiche prestazionali a confronto
Per meglio individuare i punti di forza delle chimiche e di conseguenza appurare l’adattabilità a un’applicazione oppure a un’altra, facciamo riferimento alle fig. 3 e 4. A pari condizioni ambientali, ossia a 20°C, possiamo notare una netta differenza fra le curve di scarica del LiMnO2 e Li-SOCl2.
La pressoché completa linearità del Litio Cloruro di Tionile consente a questa chimica una prestazione costante nel tempo, senza picco di scarica e punto di cut-off esteso in valori temporali. Per quanto riguarda il Litio Cloruro di Tionile (Fig. 3), a seconda del carico applicato (da poco più di 50 ohm fino a oltre 12 kohm) e dalla capacità della batteria, è evidente come ogni singola curva tenda ad avere dinamiche assai simili pur avendo tensioni nominali in un range fra 3.3 e il valore tipico di 3.6 V. Una curva di scarica di questo tipo può essere comparabile con quella delle batterie ricaricabili LFP le quali sono, in modo analogo alle Li-SOCl2 adatte ad un uso prolungato e un ciclo di vita lungo. In sostanza il Litio Cloruro di Tionile non ha caratteristiche del “tutto e subito” in termini di potenza di scarica il che le rende perfette per un uso continuativo e duraturo.
Fig. 3 – Curva di scarica del Litio Cloruro di Tionile (Li-SOCl2)
Al contrario, il Litio Diossido di Manganese ha una curva leggermente meno lineare. Questa chimica possiede una costanza prestazionale in relazione al valore di tensione nominale di 3.00 V la cui curva tende a discendere in modo progressivo fino a circa 2.6 V punto in cui la curva scende in modo più repentino fino al cut-off. Il grafico riporta la curva di una batteria Alcalina (al Manganese) il cui profilo di scarica è stato preso ad esempio avendo valori di corrente simili (50 mA) a quelli presenti in Fig. 3. I carichi utilizzati per la determinazione sono radio, orologi e telecomandi. Anche in questo caso l’angolo di discesa richiama in qualche modo quello del Litio Nickel Cobalto Manganese ricaricabile pur avendo tensioni nominali ben diverse; 1,5 V contro oltre il doppio (3,7 V). A differenza del carico applicato, la batteria Alcalina presenta lievi differenze nella parte iniziale ma in particolare in quella porzione di curva che precede il cut off e che riporta “finali” diversi.
Quale chimica scegliere?
In modo del tutto analogo alle proprietà delle chimiche utilizzate nelle batterie ricaricabili, anche nelle celle primarie non vi è una chimica migliore o peggiore ma una tipologia che risponde ai requisiti di uno specifico dispositivo. Ad esempio nella sensoristica di segnalamento e rilevazione (fumo, gas, presenza umana ecc.) si tenderà a scegliere una modalità di erogazione più lineare possibile, sia per evitare interruzioni causate da una scarica precoce sia per le operazioni di sostituzione delle batterie. Va anche considerato che in ambito industriale, con la proliferazione dei dispositivi IIoT come anche dei dispositivi wearable, la scelta della tipologia di batterie si sta orientando non tanto verso gli aspetti prestazionali quanto quelli di continuità: i dati, la loro raccolta e la relativa trasmissione diventano priorità assoluta. Anche nel caso di dispositivi wireless, sempre a livello industriale, come ad esempio quelli sempre più utilizzati per le operazioni di picking guidato, richiedono un ciclo di vita relativamente lungo (circa un paio di anni). Ultima considerazione, ma non meno importante, è l’aspetto del power consumption che sta condizionando (positivamente) la progettazione di tutta la componentistica elettronica. Negli ultimi anni il livello di assorbimento dei dispositivi si è infatti drasticamente ridotto, in quelli consumer ma in particolar modo in quelli per impiego industriale e ciò ha permesso di sfruttare in modo ancora migliore le varie proprietà della chimica delle batterie aumentando ulteriormente la durata utile.