Le comunità energetiche rinnovabili o CER sono soggetti giuridici autonomi senza scopo di lucro, costituiti da un insieme di persone, piccole e medie imprese, enti territoriali e autorità locali, che volontariamente condividono l’energia elettrica rinnovabile prodotta da impianti posseduti da uno o più soggetti associati. L’energia rinnovabile è condivisa in maniera virtuale tra i partecipanti alla CER grazie alla rete nazionale di distribuzione dell’energia.
L’obiettivo principale delle comunità energetiche rinnovabili è fornire benefici ambientali, economici e sociali ai propri membri o soci e alle aree locali in cui esistono, attraverso l’autoconsumo di energia rinnovabile. Questo in un’ottica di sostenibilità e di sviluppo locale, in linea con il PNRR.
I vantaggi delle comunità energetiche rinnovabili
Nonostante il clima di incertezza burocratico-normativo e i tempi lunghissimi a livello autorizzativo, le comunità energetiche rinnovabili portano diversi vantaggi all’ambiente, alle persone e alla società. Rappresentano una soluzione efficace per garantire l’indipendenza energetica di un territorio e, nel complesso, di tutto il Paese. Sono un passo avanti verso un modello di produzione distribuita dell’energia, capace di assicurare maggiori flessibilità e resilienza delle infrastrutture e delle reti. Ecco qui di seguito i vantaggi che si possono ottenere con le CER.
L’ambiente
Le comunità energetiche rinnovabili si basano sulla produzione diffusa di energia da fonti rinnovabili, nella maggior parte dei casi da fotovoltaico. Questo promuove l’impiego di fonti di energia rinnovabile e pulita in sostituzione di quelle fossili e quindi si riduce notevolmente l’impatto ambientale che la produzione e il consumo di energia comportano. Un impianto fotovoltaico, rispetto ad un sistema di produzione a combustibili fossili, taglia in modo considerevole le emissioni di CO2 e di altri gas climalteranti dannosi per la salute del pianeta e dei suoi abitanti. Questa riduzione è calcolata in 0,531 kg di CO2 per kWh di energia prodotta all’anno. Per esempio, un impianto fotovoltaico residenziale medio che produce 4.500 kWh di energia all’anno consente un risparmio di circa 2.390 kg di CO2/anno.
L’aspetto economico
Visti i recenti rincari dei prezzi dell’energia e le conseguenti preoccupazioni delle persone circa il loro impatto sul proprio tenore di vita, molti cercano nelle comunità energetiche rinnovabili un vantaggio economico. Questo vantaggio consiste essenzialmente nella possibilità di accedere agli incentivi definiti dal Decreto CER. Per i Comuni con meno di 5.000 abitanti, il Decreto CER stabilisce un contributo a fondo perduto che copre fino al 40% dei costi di installazione sostenuti per la realizzazione degli impianti. Per tutti è definita una tariffa incentivante per l’energia rinnovabile prodotta e condivisa dai membri delle comunità.
Più in dettaglio, il contributo per i piccoli Comuni è assegnato secondo questo criterio:
- 1.500 euro/kW per impianti con potenza fino a 20 kW
- 1.200 euro/kW per impianti tra i 20 kW e i 200 kW
- 1.100 euro/kW per impianti tra i 200 kW e i 600 kW
- 1.050 euro/kW per impianti tra i 600 kW e i 1.000 kW
La tariffa incentivante varia in funzione della capacità dell’impianto, è divisa in tre fasce ed è costituita da un importo variabile (che cambia in base al prezzo zonale) e da una parte fissa, che dipende dalla potenza dell’impianto. Per esempio:
- 80€/MWh + 0,40 €/MWh con potenza < 200 kWp
- 70€/MWh + 0,40 €/MWh tra 200 e 600 kWp
- 60€/MWh + 0,40 €/MWh tra 600 e 1.000 kWp
I benefici economici riguardano anche la riduzione dei costi in bolletta, con l’autoconsumo di parte dell’energia prodotta dall’impianto direttamente connesso con la propria utenza. In più, grazie ai meccanismi di incentivazione previsti dal GSE, la comunità ottiene un reddito energetico dato dall’energia generata in surplus. Non bisogna però aspettarsi grandi guadagni: la riduzione in bolletta è del 3 – 4% annuo.
Il sociale
A livello sociale, le comunità energetiche rinnovabili possono avere un forte impatto sul territorio, con ricadute positive sulla qualità della vita. La creazione di una CER è anche una delle soluzioni per contrastare la povertà energetica: la sua struttura condivisa permette di integrare tutti i consumatori, a prescindere dal loro reddito, riducendo i costi per l’approvvigionamento elettrico e sostenendo di conseguenza anche i soggetti più fragili.
Le comunità energetiche rinnovabili promuovono un consumo energetico più sostenibile, uno stile di vita orientato alla condivisione e al risparmio energetico, una generazione elettrica più distribuita ed equa. Le CER, infatti, hanno anche finalità di tipo culturale e sociale, stabilite obbligatoriamente nel loro statuto.
La rete di distribuzione dell’energia
La generazione distribuita di energia e l’autoconsumo locale diffuso comportano anche benefici per il sistema energetico nazionale e la rete di distribuzione, grazie alla riduzione degli oneri di trasporto e delle problematiche tecniche sia di bilanciamento della rete sia di costanza di approvvigionamento. Tutto ciò si traduce in un sistema più flessibile e gestibile in modo più semplice e meno dispendioso, a tutto vantaggio dei consumatori.
Il ruolo delle energie rinnovabili
Gli impianti alimentati unicamente da fonti rinnovabili possono essere inseriti nelle comunità energetiche rinnovabili come unità di produzione. Sono quindi inclusi non solo i sistemi fotovoltaici ma anche gli impianti eolici, idroelettrici, geotermici, a biogas e biomasse solide.
L’importante è che questi sistemi abbiano ciascuno una potenza inferiore a 1 MW, che siano ubicati all’interno della medesima area che fa capo a un’unica cabina primaria di distribuzione dell’energia, che abbiano iniziato l’esercizio successivamente alla costituzione della CER e comunque dopo la data di entrata in vigore del decreto legislativo 199/2021, ovvero dopo il 16 dicembre 2021.
Sono ammessi anche impianti dotati di sistemi di accumulo: l’energia immagazzinata è considerata – tramite appositi calcoli – come energia condivisa all’interno della CER, e quindi incentivata. Discorso simile per le infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici. Anche un questo caso l’energia assorbita per la ricarica degli autoveicoli, tramite algoritmi ad hoc, è considerata dal GSE ai fini del calcolo dell’energia condivisa nella comunità energetica.
Il ruolo attivo delle persone e delle imprese
Possono far parte della comunità energetica rinnovabile diverse figure, purché situate nel territorio dei Comuni in cui sono ubicati gli impianti di produzione della CER. Più in dettaglio:
- Persone fisiche
- Piccole e medie imprese per le quali la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l’attività commerciale o industriale principale
- Associazioni con personalità giuridica di diritto privato
- Enti territoriali: Regioni, Province, Città Metropolitane, Comuni
- Amministrazioni locali contenute nell’elenco ISTAT
- Enti di ricerca e formazione
- Enti del terzo settore e di protezione ambientale
- Enti religiosi
Non sono invece ammesse:
- Amministrazioni centrali
- Grandi Imprese
- Imprese private con codice ATECO prevalente 35.11.00 e 35.14.00
All’interno delle comunità energetiche rinnovabili si distinguono tre ruoli, a seconda che producano o consumino energia:
- Produttore di energia rinnovabile: possiede e mette a disposizione un impianto fotovoltaico o di altro tipo rinnovabile
- Autoconsumatore di energia rinnovabile (prosumer): possiede un impianto di produzione da fonte rinnovabile, con cui produce energia per soddisfare i propri consumi. Condivide con il resto della comunità l’energia in eccesso
- Consumatore di energia elettrica: non possiede alcun impianto di produzione di energia ma ha una propria utenza elettrica, i cui consumi possono essere in parte coperti dall’energia elettrica rinnovabile prodotta dagli altri membri della comunità. Rientrano in questa casistica anche le persone vulnerabili e le famiglie a basso reddito
Per quanto riguarda le piccole imprese (meno di 50 addetti e fatturato fino a 10 milioni di euro) e quelle medie (meno di 250 addetti e fatturato fino a 50 milioni o stato patrimoniale fino a 43 milioni), si tratta di aziende che vogliono condividere il surplus di energia generato dai propri impianti, non solo per un tornaconto economico ma anche per migliorare la vita degli individui, a cominciare dalle persone che partecipano alle comunità energetiche rinnovabili, tipicamente i dipendenti e le loro famiglie.