Paolo Paschetta, Equity Partner, Country Head Italia di Pictet Asset Management riflette sui mega trend per la transizione energetica, per salvare l’uomo e il nostro pianeta.
La pandemia, la guerra in Ucraina e il riaccendersi delle ostilità in Medio Oriente hanno messo in evidenza la fragilità del sistema economico globalizzato, esacerbata dalle tensioni sul fronte commerciale e geopolitico. La rottura delle supply chain e i conseguenti problemi di approvvigionamento di materie prime e componenti hanno creato un’interruzione senza precedenti di molte delle catene produttive mondiali. La Cina, fino a quel momento fornitore globale inossidabile di Stati Uniti ed Europa, ha dovuto cambiare i suoi piani, manifestando le vulnerabilità del sistema. In questa cornice di nuove emergenze congiunturali si è iniziato ad avvertire in modo sempre più concreto il problema del cambiamento climatico, con manifestazioni violente della sua presenza.
La transizione energetica per la salvezza del pianeta
Un’emergenza che ha spinto i governi da entrambi i lati dell’Atlantico a intraprendere piani fiscali sempre più generosi volti a spingere le economie a investire promuovendo l’indipendenza delle catene di approvvigionamento – in primis quella energetica – e la sicurezza delle nazioni. Parliamo di una mole di misure senza precedenti a sostegno di progetti per la transizione: dai 369 miliardi di dollari stanziati per i prossimi dieci anni tramite l’Inflation Reduction Act statunitense per soluzioni di stoccaggio, produzione di componentistica in loco e crediti di imposta su nuovi investimenti ai circa 1.000 miliardi di euro previsti dal Green Deal europeo, finalizzato al raggiungimento di obiettivi cruciali per l’economia del Vecchio Continente entro il 2030, come gli investimenti in materiali critici, la riforma del mercato elettrico e lo sviluppo di un’industria net zero. Ai due blocchi occidentali si aggiunge poi la Cina, che, secondo quanto riportato da Bloomberg NEF nel 2023, avrebbe stanziato 1.600 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 per contrastare il suo infelice primato di nazione più inquinante al mondo.
Mai così tanta CO2 nell’atmosfera da 800.000 anni: un’emergenza da affrontare
L’emergenza climatica è oggetto di una rigorosa osservazione. Grazie all’innovazione scientifica, l’uomo è riuscito a risalire fino a 800.000 anni fa, momento a partire dal quale si sono verificati diversi “riscaldamenti globali”. Rispetto alle crisi climatiche del passato, tuttavia, quella che viviamo oggi si differenzia profondamente per una caratteristica. L’Osservatorio di Mauna Loa, alle Hawaii, che monitora la concentrazione di CO2 presente nell’atmosfera, ha rilevato che da aprile 2018 il livello mensile medio di CO2 ha sistematicamente superato le 410 parti per milione (ppm), sforando, nel mese di ottobre 2023, il valore di 418 ppm. Un terzo in più rispetto alle prime misurazioni effettuate da Charles David Keeling1 negli anni ’50, che evidenziavano concentrazioni stabili attorno a 310 ppm, un’evoluzione avvenuta in una settantina d’anni, mentre per molti millenni i livelli di CO2 in atmosfera sono oscillati tra 170 e 280 parti per milione. Questa accelerazione è coincisa con l’inizio dell’era industriale e l’intensificarsi dell’attività umana e della produzione di anidride carbonica. Se le cose non cambieranno, entro mezzo secolo, se non prima, potremmo raggiungere le 500 ppm, un livello che potrebbe causare un aumento della temperatura media globale di 6°C, ossia quattro volte il limite massimo prospettato dagli accordi sul clima di Parigi (COP21).
La tecnologia è la chiave della transizione per riportare il pianeta in equilibrio
Gli effetti di tutti questi disequilibri saranno catastrofici, a meno che non si ristabilisca quell’armonia che oggi appare rotta. La buona notizia è che abbiamo i mezzi per farlo, grazie a uno sviluppo tecnologico mai visto nel corso della storia. Aziende e investitori stanno intensificando i propri sforzi per implementare software che ottimizzino i processi produttivi in termini di costi e tempo e macchine intelligenti volte a promuovere un’economia circolare, ma anche per monitorare l’utilizzo di risorse, ridurre gli sprechi, misurare con precisione l’impatto delle proprie attività e valutare in che modo la propria impronta ambientale influisce sulle prospettive finanziarie dell’azienda. Guardando al panorama degli investimenti, esiste una moltitudine di strumenti e di approcci capaci di mettere a frutto il capitale generando un impatto positivo, sia che si tratti di investire in aziende già leader della transizione sia in quelle realtà di qualità che si stanno incamminando su un percorso virtuoso sotto il profilo della sostenibilità.
Le strategie di Pictet AM a supporto della transizione energetica e climatica
Pictet-Global Environmental Opportunities, fondo lanciato nel 2014 che guarda al tema della transizione, è tra le più conosciute soluzioni tematiche di Pictet Asset Management dedicate all’ambiente. Pictet-GEO si distingue da tutte le altre strategie di investimento a carattere ambientale perché utilizza, nella definizione dell’universo di investimento, il metodo scientifico dei limiti planetari (planetary boundaries, PB), sviluppato dallo Stockholm Resilience Center, che studia i parametri da adoperare per misurare l’impronta dell’uomo e identificare se e quanto vengano superati i limiti consentiti di sostenibilità ambientale. Abbiamo sviluppato un modello proprietario che rivela in che modo le aziende operano rispetto ai limiti definiti dall’analisi dei PB. Nello specifico, il modello definisce l’uso delle risorse e i limiti delle emissioni per ciascun settore dell’economia globale, per ogni milione di dollari di ricavi annui prodotti.
La strategia GEO sottende ai più potenti megatrend sul piano climatico (qualità dell’ambiente, cambiamento climatico, scarsità delle risorse, biodiversità e servizi ecosistemici), investendo in società che operano nei comparti dell’efficienza energetica e dell’economia dematerializzata. Ma investe anche in tendenze quali virtualizzazione e dematerializzazione (tipiche della tecnologia), la salute, l’urbanizzazione e la crescita economica.
Negli Stati Uniti, in particolare, la domanda di tecnologie per il risparmio energetico rimane robusta, e le società attive in questi settori stanno iniziando a beneficiare dell’impatto positivo dell’Infrastructure Investment and Jobs Act (IIJA) e dell’Inflation Reduction Act (IRA), normative che aprono la strada a un ciclo pluriennale di investimenti in impianti per la produzione di semiconduttori e batterie, ammodernamento della rete elettrica, capacità di energia rinnovabile, edifici verdi e infrastrutture per veicoli elettrici.
Di conseguenza, si conferma robusta anche la domanda sul mercato finale dei servizi ambientali nel segmento del controllo dell’inquinamento, in particolare negli USA. Nell’ambito dell’economia dematerializzata accelera la domanda di software di simulazione, soluzioni di automazione della progettazione elettronica e gestione del ciclo di vita del prodotto. In generale, la maggioranza delle società in cui investiamo gode di un pricing power e di una solidità di bilancio sufficienti ad affrontare adeguatamente l’attuale contesto di mercato più volatile.
Inoltre, nonostante le difficili condizioni macroeconomiche e il periodo non semplice per le rinnovabili, penalizzate dal brusco rialzo dei tassi di interesse e dalle condizioni finanziarie più severe del mercato, le previsioni per la transizione energetica si confermano robuste. Permangono, infatti, i driver essenziali dei fondamentali: la rapida innovazione tecnologica cui assistiamo permetterà una maggiore elettrificazione di trasporti, edilizia e fabbriche, mentre eolico e solare saranno le principali fonti di energia elettrica in ragione dei costi competitivi. Si tratta di ambienti nei quali investe la strategia Pictet-Clean Energy Transition.
La crescente consapevolezza, i progressi tecnologici e il rapido calo dei costi, nonché una legislazione sempre più severa in materia di lotta all’inquinamento dell’aria e al cambiamento climatico hanno creato molteplici punti di flesso nel nostro universo di investimento. Inoltre, gli attuali sconvolgimenti sul mercato dell’energia continueranno a stimolare gli investimenti aziendali in tecnologie per il risparmio energetico e favoriranno l’abbandono dei combustibili fossili al fine di aumentare l’indipendenza energetica in molte regioni.