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Impianti rinnovabili in Italia: serve una politica stabile

Novembre 19, 2025
Nicola Martello

Il governo si dice pronto a varare le misure per sbloccare le rinnovabili e calmierare i prezzi dell’energia, introducendo anche procedure accelerate per i data center e una nuova disciplina per lo stoccaggio di CO2. Il provvedimento vuole sciogliere alcuni dei nodi strategici per il sistema energetico nazionale, compresa la definizione delle aree idonee per gli impianti per le fonti rinnovabili, primo tassello di un intervento più ampio, che risolva un’incertezza che da molti mesi frena gli investimenti.

Ma Gruppo Impianti Solari (GIS) fa notare che il decreto può non essere sufficiente.

Il decreto non basta

Raffaello Giacchetti, presidente di GIS, Gruppo Impianti Solari
Non sembra bastare un decreto, per sbloccare davvero la transizione energetica italiana. Nonostante gli annunci, anche questo provvedimento rischia di essere più un ritocco tecnico che una svolta strutturale. Le novità introdotte restano passi teoricamente utili, ma circoscritti, e il cuore del problema non è nei singoli procedimenti. È il sistema complessivo a frenare la svolta: troppe competenze frammentate, troppi livelli decisionali e una cultura amministrativa ancora ancorata alla logica del “no preventivo. Manca una visione di sistema, in grado di unificare davvero la governance energetica e creare condizioni stabili per gli investitori.

La cronaca recente lo dimostra: in province chiave come quella di Viterbo, le pratiche per nuovi impianti fotovoltaici restano bloccate per mesi o addirittura anni. Le regole ci sono, ma semplicemente non vengono applicate. Secondo quanto sottolineato di recente anche dal Corriere della Sera, il “tappo di Viterbo” rappresenta un caso emblematico di ritardi sistematici nell’esame delle richieste, dovuti a carenze di personale e conflitti di competenza, che di fatto svuotano di efficacia le semplificazioni nazionali. In altre parole, il correttivo prova a “oliarsi gli ingranaggi”, ma il motore resta lo stesso. L’Italia continua a installare nuova capacità rinnovabile a ritmi troppo lenti rispetto agli obiettivi europei, con iter che — anche dopo la riforma — possono durare anni, e con un quadro normativo che cambia di continuo. Servono misure più radicali:

  • Una vera semplificazione sostanziale e non solo procedurale
  • Un modello unico nazionale per la definizione delle aree idonee
  • Un’accelerazione concreta per reti e accumuli, ancora esclusi da un piano organico di sviluppo
  • Ma soprattutto la garanzia del rispetto delle regole

Raffaello Giacchetti
Senza questi strumenti, la transizione resta bloccata a metà: un percorso di buone intenzioni senza la capacità di generare fiducia, attrarre capitali e mobilitare filiere industriali. L’Italia ha bisogno di una politica energetica stabile, chiara e coraggiosa, non di un ennesimo aggiustamento normativo.

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