Luglio 25, 2014

Daniele Preda

Lo “spalma-incentivi” passa al Senato

Con la seduta di ieri, il Senato ha approvato l’articolo 26 in merito al DL spalma-incentivi, aspramente criticato dalle principali associazioni di categoria.

Con la seduta di ieri, il Senato ha approvato l’articolo 26 in merito al DL spalma-incentivi, aspramente criticato dalle principali associazioni di categoria.

L’elenco di emendamenti e le numerose campagne contro l’approvazione del decreto sono state portate avanti da ambientaliste come WWF, da Free, assoRinnovabili. Nonostante l’impegno di molte realtà che operano nel settore, il Governo ha portato avanti il processo di approvazione minando, a detta di molti, il futuro del fotovoltaico, delle rinnovabili e degli investimenti nel nostro Paese.

assoRinnovabili evidenzia come la norma, nata con l’obiettivo di ridurre le bollette alle Piccole e Medie Imprese, taglierà le risorse destinate agli impianti solari già funzionanti, causando il licenziamento di almeno 10.000 lavoratori.
Secondo l’associazione si tratta di un inaccettabile provvedimento retroattivo che allontana definitivamente gli investimenti dall’Italia, diminuiti già del 58% dal 2007, danneggia la credibilità del Paese e tradisce la certezza del diritto.
assoRinnovabili evidenzia come il provvedimento sia contro l’Unione Europea e contro la Costituzione Italiana.
A tal proposito il Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, ha formulato un parere sulla legittimità costituzionale dello “spalma incentivi” obbligatorio. Il Professore Onida ritiene che un simile provvedimento violerebbe sia le norme costituzionali in materia di retroattività e di tutela dell’affidamento, sia gli obblighi internazionali.
La misura in discussione si configurerebbe come un intervento su rapporti di durata già cristallizzati in contratti di diritto privato (le convenzioni con il GSE), o comunque su decisioni già assunte dai produttori, che hanno effettuato investimenti e contratto oneri in base a previsioni economiche di cui l’aspettativa dell’incentivo è parte determinante. Ciò risulterebbe in contrasto con i limiti costituzionali alla retroattività delle leggi, con il principio – connaturato allo Stato di diritto e riconducibile agli artt. 3 e 41 della Costituzione – di tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti che hanno avviato un’iniziativa energetica, nonché con l’esigenza di certezza dell’ordinamento giuridico.
Lo “spalma incentivi” apparirebbe in conflitto con gli obblighi internazionali derivanti dal Trattato sulla Carta Europea dell’Energia (reso esecutivo in Italia con la legge 10 novembre 1997, n. 415), e quindi anche con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, poiché violerebbe l’impegno assunto dagli Stati firmatari (tra cui l’Italia) ad assicurare agli investitori “condizioni stabili” oltre che “eque, favorevoli e trasparenti”, per lo sviluppo delle proprie iniziative. Ciò impone che gli investimenti, che devono godere della “piena tutela e sicurezza”, non vengano colpiti da modifiche (in senso deteriore) delle condizioni giuridiche ed economiche in base alle quali sono stati effettuati.
I vizi di costituzionalità, conclude il Professor Onida, sussisterebbero anche nell’ipotesi in cui venisse prolungata la durata dell’incentivo, a compensazione della riduzione del suo valore. Secondo l’autorevole costituzionalista, infatti, “un credito non ha lo stesso valore quale che sia il tempo in cui viene soddisfatto”. Inoltre, se l’investimento (come accade nella maggioranza dei casi) è finanziato da un credito bancario, la misura, incidendo autoritativamente su tale rapporto, potrebbe rendere impossibile per i produttori far fronte agli impegni assunti con gli istituti di credito.
Secondo l’Associazione, le censure di illegittimità sopra richiamate sussisterebbero anche nel caso in cui i produttori fossero costretti dal decreto a scegliere tra una norma “spalma incentivi” (apparentemente volontaria, dunque) e un’ulteriore imposta (che dalle ipotesi che circolano potrebbe addirittura avere i ricavi come base imponibile).

Non solo, secondo Legambiente: “Lo scontro che c’è in Italia sullo spalma-incentivi è chiaro. La lobby fossile ha timore delle rinnovabili. I fondi di investimento internazionali investono e sono arrabbiati col nostro governo. Ma sono i decisori politici che non facilitano la transizione, il mercato ha già fatto le sue scelte”.

A detta del Comitato scientifico di Key Energy: “Le proposte del governo sullo spalma-incentivi rappresentano un intervento retroattivo, incostituzionale, che lede la credibilità del Paese presso gli investitori internazionali. Ancora più preoccupanti sono le misure che tenderebbero a penalizzare l’elettricità solare auto-consumata, che rischiano di allontanare il raggiungimento degli obiettivi europei al 2030. Il nostro Paese deve invece rilanciare una seria politica sull’efficienza e le rinnovabili in grado di ridurre le bollette e la dipendenza energetica dall’estero”.

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