Aprile 23, 2019

Luca Rizzi

Mercato libero, le valutazioni di Audax Energia Italia

Mercato libero, le valutazioni di Audax Energia Italia

Luca Rizzi, Direttore commerciale di Audax Energia Italia, spiega come sia necessario coinvolgere il consumatore nel processo di scelta dei partner per il mercato libero.

Luca Rizzi, Direttore commerciale di Audax Energia Italia, spiega come sia necessario coinvolgere il consumatore nel processo di scelta dei partner per il mercato libero.
Nel luglio 2020 – un anno dopo rispetto a quanto era stato previsto – il mercato dell’energia elettrica si aprirà completamente alla libera concorrenza, ponendo fine a quello che viene definito di “maggior tutela” e alla lunga fase transitoria apertasi nel 2007 (nel 2003 per il gas).
Una prima conseguenza è che gli italiani – almeno quelli che non l’hanno ancora fatto – dovranno scegliere a quale operatore rivolgersi per la fornitura di luce e gas. Una seconda, è che dovranno orientarsi fra una molteplicità di offerte e tariffe fra di loro diversificate. Una terza è che, da questo mercato finalmente libero, il consumatore potrà trarre dei vantaggi in termini di costo e/o di servizio.

Ma a che punto siamo con il processo di liberalizzazione?
Con quale grado di consapevolezza i consumatori si apprestano a scegliere fra i diversi operatori presenti oggi in Italia?
Dal 2007 ad oggi il numero di utenti che sono usciti dal mercato tutelato è in continua crescita. Una decisione presa, nel solo 2017, da 1,5 milioni di clienti domestici e 300mila clienti definiti “altri usi” (per esempio le piccole imprese). Inoltre, secondo dati del 2018 forniti dall’Authority (Arera) e riferiti all’energia elettrica, il 46% delle famiglie (13,3 milioni di utenze) e il 58% delle PMI (4,3 milioni) sono ormai passati al mercato libero, scegliendo fra le società di vendita operanti in Italia. Queste, negli ultimi dodici mesi, sono salite a quota 554 rispetto alle 507 del 2017.
Per quanto riguarda il gas (dati aggiornati al 2017) invece, il 44% di utenze domestiche e il 52% di quelle condominiali hanno definitivamente abbandonato la tutela.

Sono numeri che dimostrano che il cambiamento è in atto ed è indiscutibile, al di là della lentezza con la quale procede.
Ciò che invece è ancora molto lontana è la conoscenza dell’utente medio nei riguardi della liberalizzazione del mercato e degli impatti che esso potrà avere sulle abitudini in materia di consumi energetici. A fotografare la situazione ci ha pensato un recente e interessante studio promosso dall’Authority e realizzato dall’istituto Research Hub
L’indagine, condotta su un campione di 3.000 utenti, ha evidenziato che quasi la metà degli intervistati (48%) non sa cosa significa, né cosa comporti essere in un regime di concorrenza. E non solo, considerando che la stragrande maggioranza di essi non sente nemmeno l’urgenza di scoprirlo; stando ai dati, negli ultimi 3 mesi, solo il 18% degli utenti ha preso informazioni sul mercato libero o sui suoi operatori. E questo nonostante il susseguirsi – praticamente settimanale – di notizie sul caro bolletta.

Il 46% dichiara poi di “trovarsi bene” con il provider attuale – o almeno di mantenere una posizione “neutrale” (42%) – tanto da avere l’intenzione di proseguire fedelmente nel rapporto anche nel momento in cui passerà al mercato libero (60%). Un giudizio che, tuttavia, non sempre si basa sulla reale conoscenza delle condizioni del servizio, visto che il 70% degli intervistati afferma di non sapere quali siano le componenti di costo della bolletta elettrica…

Questa fedeltà ai vecchi fornitori non stupisce più di tanto e può essere ricondotta in parte alla percezione di un servizio ritenuto soddisfacente, in parte ad altre ragioni sempre presenti quando si tratta di guardare al nuovo: la forza dell’abitudine e la paura delle novità portate dal cambiamento. Le principali motivazioni di coloro che hanno risposto al sondaggio riguardano infatti la preoccupazione di incorrere in esperienze negative (15%), la scarsa fiducia negli operatori (6,4%), il timore sulla reale qualità del servizio (9%) e la mancanza di chiarezza sui vantaggi dello switch (14%).
E a questa resistenza al cambiamento, a cui contribuiscono le citate preoccupazioni, si unisce anche una certa “pigrizia” nel dedicare tempo alla questione. I dati dell’Arera riferiti al 2017 sembrano confermare questa tendenza: il 68% di coloro che sono passati al mercato libero (settore domestico) lo hanno fatto scegliendo i “fornitori storici”, cioè il venditore collegato all’impresa di distribuzione.

Strettamente vincolato a questa dinamica è, per l’appunto, il tema dell’informazione. Internet rimane la fonte primaria (54%), seguita da altri canali quali – ad esempio – conversazioni con amici o parenti (33,8%), dai media tradizionali come radio o tv (30,6%) o dai call center delle società di vendita di energia (24,3%). Eppure, nonostante il web sia indicato per primo, i portali di comparazione sono ancora poco o sottoutilizzati: solo il 19% di coloro che hanno cambiato operatore hanno consultato una di queste piattaforme. Discorso valido anche per il portale ufficiale di Arera, visitato da pochissimi.
Certamente l’età anagrafica conta. E la fascia di utenza 20-40 anni è quella più propensa e proattiva nel consultare la rete e gli strumenti digitali al momento di cambiare fornitore.

Un trend che emerge chiaramente da una recente indagine svolta da Bain&Company e Google sugli impatti del digitale nell’energia. Essa mette in luce un altro elemento: il prezzo non è l’unico criterio di valutazione nella scelta finale, specialmente quando si è di fronte a comportamenti maggiormente consapevoli e informati. Pur rimanendo in cima alla lista, la tariffa non è il solo fattore di decisione; alla sottoscrizione del contratto concorre sempre più la presenza di servizi e prodotti connessi alla semplice vendita di energia (che siano servizi o prodotti aggiuntivi, tecnologici o smart, green o di facility management).

Quindi, a quasi un anno dalla completa liberalizzazione, il vero lavoro degli operatori del settore – società di vendita innanzitutto – deve dirigersi verso un maggiore coinvolgimento dei consumatori in maniera da aumentarne la consapevolezza, ma anche da stimolarne la curiosità e il desiderio di informarsi e approfondire.
L’obiettivo? Togliere diffidenza e timore nei riguardi del nuovo e del cambiamento.

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