Secondo GIS – Gruppo Impianti Solari, un’associazione di aziende localizzate nel Lazio la transizione ecologica dovrebbe essere favorita e dovrebbe andare spedita.
Secondo GIS – Gruppo Impianti Solari, un’associazione di aziende localizzate nel Lazio la transizione ecologica dovrebbe essere favorita e dovrebbe andare spedita.
L’unione delle società attive nel settore fotovoltaico, e rappresentate da GIS, intende promuovere una corretta informazione sul settore fotovoltaico, promuovendo i valori di sostenibilità ambientale e tutela del territorio, che i progetti stessi incarnano.
Il fotovoltaico, infatti, non è solo la risposta a un’esigenza economico-produttiva del sistema italiano, ma anche una parte della soluzione all’attuale emergenza ambientale. Il Gruppo GIS è in espansione e al momento conta dieci imprese e oltre 500 addetti.
Vogliamo portare all’attenzione questi due esempi progettuali come modelli che raccontano quanto sia difficile realizzare i nostri impianti e, di conseguenza, quanto sia pericoloso attuare una transizione ecologica a rilento. È di fatto risaputo che i nostri impianti debbano costituire una percentuale ben diversa dallo stato attuale, con incrementi significativi e capaci di portare l’Italia verso i numeri che la stessa EU ci sta indicando, anche a seguito del surriscaldamento e dell’ultimo disastro ambientale in Puglia e tra la Germania e il Belgio.
Ecco i due casi che hanno un indice elevato di cultura perché esemplari nel nostro panorama. L’Assessore alla Transizione Ecologica della Regione Lazio, il cui ruolo è promuovere la decarbonizzazione per salvare l’ambiente e le nostre vite, ha proposto un emendamento alla Legge Regionale in approvazione, che consiste in un blocco attivo fino a giugno 2022 delle autorizzazioni di impianti di energia rinnovabile su suolo agricolo.
Con tutto il rispetto per le idee politiche dell’Assessore, su cui di certo non è compito nostro valutare, ci preme però ricordare che il suo partito ha sempre avuto sull’ambiente un indirizzo di massima attenzione. Anche nel merito tecnico non riusciamo a trovare soddisfazione, forse proprio perché le leggi attualmente in vigore sono già molte e stringenti.
Piuttosto notiamo un modo subdolo di guadagnare tempo, forse per non caricarsi responsabilità su decisioni da prendere ora, lasciando ad altri nel futuro l’incombenza. Ci chiediamo, sapendo la risposta, quale gruppo ambientalista serio come Legambiente, approverebbe uno slittamento di un anno in un momento in cui siamo GIA’ IN RITARDO. Agire oggi con scelte come questa, assimilabile a pseudo-ambientalisti e forse anche a favore di latifondisti agricoli, mette a rischio tutti quanti noi cittadini
Il proposito della moratoria è del tutto in contrasto con gli obbiettivi climatici, ambientali ed energetici assunti dall’Italia per il 2030. Infatti, se bisogna attendere giugno 2022 per capire quali saranno le aree non idonee per la realizzazione di impianti FER, si dovrà attendere almeno fino al 2024 per avere progetti autorizzati, visto che lo sviluppo richiede un anno e l’iter autorizzativo altrettanto. A quel punto, basterebbe qualsiasi iniziativa giudiziaria, anche infondata, per perdere altri tre anni in cause. Ottenute le sentenze, per mettere in esercizio un impianto occorre un altro anno. Quindi, i primi impianti nel Lazio comincerebbero a produrre energia pulita solo nel 2028.
Un impianto fotovoltaico a inseguimento correttamente progettato e che abbia superato la Valutazione di Impatto Ambientale, ha una visibilità pressoché nulla. Invece, i pannelli verticali proposti dall’Assessore creerebbero un muro visibile da chilometri. Inoltre, l’agrivoltaico come immaginato dall’Assessore, ovvero fatto di serre o tensostrutture fotovoltaiche, non esiste e non è tecnicamente possibile: sono di dubbia proficuità sia a livello agricolo che fotovoltaico. Al contrario, i progetti già oggi in autorizzazione sposano energia rinnovabile e agricoltura, integrando apicoltura, pastorizia e altre forme compatibili di attività agricole.
Gli impianti già oggi non sono progettati su suoli agricoli di pregio e prediligono zone dismesse o a bassa produttività, che vengono offerte al fotovoltaico dagli stessi proprietari terrieri che non riescono a utilizzarli proficuamente per l’agricoltura. Gli impianti fotovoltaici, per un periodo definito di tempo (le autorizzazioni durano venti anni), ci aiutano a ripulire l’ambiente e migliorano la fertilità del suolo, per poi restituire le aree alla propria vocazione agricola. È la legge italiana ad autorizzare l’installazione di impianti FER su terreni agricoli (Dl 29 dicembre 2003, n. 387), perché usare solo i tetti degli edifici non sarebbe sufficiente.Siamo certi che l’emendamento non verrà accolto, perché la proposta di moratoria renderebbe la Legge Regionale illegittima per violazione della legge nazionale, affliggendola praticamente di tutti i vizi amministrativi teoricamente ipotizzabili – incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge.
Un altro episodio, sempre in Lazio, fa emergere le medesime criticità.
Il Consiglio dei Ministri e il Ministero della Cultura hanno fatto ricorso presso il Consiglio di Stato alla sentenza del Tar del Lazio che autorizzava due impianti fotovoltaici nei Comuni di Montalto di Castro e Tuscania (VT), per una potenza produttiva potenziale di 240MWp.
Questa notizia ci lascia sgomenti per tre ragioni. Innanzitutto, per la totale mancanza di coordinamento tra le istituzioni che impugnano a vicenda ricorsi contro le decisioni prese da altre istituzioni. Come può il Paese transitare coerentemente verso la decarbonizzazione se in primis sono le istituzioni a non avere una linea d’azione comune?
In secondo luogo, risulta difficile comprendere le motivazioni di un blocco a tali progetti dal momento che riguardano terreni privi di qualsiasi tipo di vincolo, di bassa produttività o non utilizzati, si integrano con attività agropastorali, coinvolgono una serie di misure di compensazione dell’impatto sul paesaggio, sono nati dal dialogo con tutti gli Enti locali competenti.La terza ragione è che i continui stop ai progetti di rinnovabili non fanno che allontanare il raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica in Italia, a oggi lontanissimi. Il Ministro Cingolani ha chiesto di non scherzare sul futuro delle persone, ricordando che il Paese ha preso un impegno siglato dal Pnrr e dagli Accordi di Parigi: entro il 2030 dobbiamo avere il 70% dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Di questo passo sarà impossibile: nel 2020 era il 37%.
A questo proposito, è importante rendere chiaro il fatto che i fondi del Pnrr saranno destinati a riqualificare ed efficientare le PA, a sburocratizzare gli iter autorizzativi ma non a finanziare nuovi impianti di energie rinnovabili. Gli impianti si fanno con fondi privati provenienti da investitori privati che, col loro operato, rispondono al contempo a un interesse nazionale, indifferibile e urgente.
Il MIC si oppone ai progetti in nome della difesa del paesaggio e del patrimonio. Ma che cosa rimarrà di questi se i crescenti eventi estremi causati dalla gravità della situazione climatica – abbiamo tutti in mente le immagini delle alluvioni in Puglia, Germania, Belgio, Cina – continueranno ad abbattersi sulle nostre città e campagne? Se fatto in modo virtuoso, il fotovoltaico a terra può concretamente contribuire a far sì che questi episodi smettano, gradualmente, di accadere.