Novembre 25, 2021

Daniela Rimicci

Elettricità Futura: COP26, grande punto di partenza

COP26, risultati insufficienti ma comunque impensabili fino a poco tempo fa: ecco la riflessione di Agostino Re Rebaudengo di Elettricità Futura sul Glasgow Climate Pact.

A COP26 194 Stati hanno stabilito di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C a metà secolo e di ridurre del -45% le emissioni di CO2 entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010.

Guardando ai Paesi meno sviluppati, la storia dell’innovazione tecnologica ci insegna che potremmo assistere ad un “salto tecnologico”, ovvero a percorsi di crescita delle loro economie compatibili con i target climatici. Affinché ciò accada, sarà determinante che le economie più ricche tengano fede all’impegno di versare i fondi per la transizione globale, dando quei 100 miliardi all’anno ai Paesi più poveri promessi già nel 2009.

Di sicuro in Italia ridurre le emissioni di CO2 in linea con il target europeo del -55% al 2030 è una straordinaria opportunità per l’economia e l’occupazione che permetterà di attivare 1.100 miliardi di investimenti e creare 250.000 nuovi posti di lavoro netti in Italia.

Elettricità Futura

Agostino Re Rebaudengo, Presidente Elettricità Futura
Il Glasgow Climate Pact non è sufficiente a fronte della gravità e della velocità con cui avanza l’emergenza climatica. Ma sarebbe un errore non considerare anche i passi positivi, la strada verso le rinnovabili è sempre più evidente.
I mercati e la finanza sono ormai orientati verso la svolta verde. Per la prima volta i combustibili fossili non sono più un tabù nel dialogo sul clima. La riduzione progressiva del carbone è stata finalmente messa nero su bianco, mai prima d’ora questa risoluzione era stata adottata a valle dei negoziati climatici delle Nazioni Unite, e non era scontato avvenisse nemmeno in questa occasione.

Soltanto fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile vedere la Cina e gli Stati Uniti aprire un tavolo per rafforzare la cooperazione sulla riduzione delle emissioni. Non mancano i segnali per supporre ragionevolmente che Cina e India, nonostante le dichiarazioni, potrebbero accelerare la decarbonizzazione. E’ una questione di business. Una riduzione tardiva dell’impiego dei combustibili fossili indebolirebbe la competitività dei Paesi, dal momento che la metà degli asset fossili a livello globale potrebbe perdere valore entro il 2036 perché sostituita da investimenti in rinnovabili.

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