Per essere definito agrivoltaico e ricevere i contributi del PNRR, il fotovoltaico deve garantire la proficua convivenza tra agricoltura e produzione di energia.
In Italia il settore agricolo e agroalimentare potrà dare una forte spinta alla decarbonizzazione dei consumi energetici che consentirà di abbandonare progressivamente le fonti fossili per passare alle rinnovabili, con particolare riguardo all’agrivoltaico. Di cosa si tratta?
L’agrivoltaico si riferisce agli impianti fotovoltaici realizzati da un’azienda agricola per soddisfare il proprio fabbisogno elettrico, installati sui tetti dei fabbricati (senza consumo di suolo) oppure su terreno, ma a particolari condizioni. Il PNRR prevede al suo interno una dotazione cospicua proprio per incentivare l’installazione dei pannelli nelle imprese agricole, che si sta già attuando con una prima iniziativa destinata al fotovoltaico sui tetti (è il Parco Agricolare, ne parliamo più avanti). Si tratta di un importante contributo per abbattere i costi di approvvigionamento energetico delle imprese e contemporaneamente contrastare il climate change.
L’incidenza dei costi energetici per le imprese agricole
Secondo le stime del RICA (Rete di Informazione Contabile Agricola), i costi di approvvigionamento energetico a carico delle aziende agricole – includendo anche fonti fossili per carburante e combustibile – rappresentano oltre il 20% dei costi variabili, con percentuali più elevate per alcuni settori produttivi. Gli investimenti dedicati all’efficientamento energetico e alla produzione di energia rinnovabile per l’autoconsumo producono un abbattimento di costi in grado di innalzare la redditività agricola.
Gli impianti fotovoltaici diventano protagonisti di questo scenario, non solo perché possono supportare le aziende agricole on l’autoproduzione di elettricità, ma anche per un altro fattore: è possibile, infatti, raccogliere l’acqua piovana utilizzando la superficie dei moduli, convogliando l’acqua raccolta con un conseguente risparmio energetico per l’approvvigionamento idrico a fini irrigui.
Attualmente nel settore agricolo viene auto-consumata solo il 15% della produzione complessiva (il 40% considerando la sola casistica di impianti in autoconsumo); un dato non ancora abbastanza alto, ma c’è da considerare che questi numeri si riferiscono soprattutto ad applicazioni tradizionali collocate su coperture o a terra.
Come devono essere gli impianti per definirsi agrivoltaici
Il fotovoltaico sui terreni agricoli è sempre stato un argomento “delicato”, perché la destinazione d’uso alla produzione di energia può sottrarre suolo agricolo. Il concetto di “agrivoltaico”, descritto nelle recenti Linee guida pubblicate dal Ministero della Transizione Ecologica, nasce proprio per risolvere questo problema, definendo installazioni “volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione”. Rispetto a un tradizionale impianto fotovoltaico a terra, una installazione agrivoltaica presenta quindi una maggiore variabilità e complessità nella distribuzione dei moduli, nell’altezza da terra e nei sistemi di supporto, al fine di ottimizzare la proficua convivenza con l’attività agricola.
Gli impianti agrivoltaici “avanzati”, in particolare, (quelli che possono accedere agli incentivi statali) adottano soluzioni integrate innovative con montaggio dei moduli elevati da terra (anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi) e prevedono la contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio per verificare l’impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse colture e la continuità delle attività delle aziende agricole. In aggiunta, per poter accedere agli incentivi del PNRR, il parco agrivoltaico deve essere dotato anche di un sistema di monitoraggio che consenta di verificare il recupero della fertilità del suolo, il microclima (temperatura e umidità), la resilienza ai cambiamenti climatici.
Molte colture sono compatibili con i moduli fotovoltaici
Al momento dell’installazione di un sistema fotovoltaico in agricoltura, è essenziale valutare la compatibilità dei moduli con le piante coltivate. Alcuni studi riportati dalle linee guida pubblicate dal Mite hanno valutato il comportamento di diverse colture alla riduzione dell’illuminazione diretta causata dai pannelli, e il risultato è che sarebbero adatte o molto adatte molte coltivazioni, tra cui segale, orzo, avena, cavolo verde, colza, piselli, asparago, carota, ravanello, porro, sedano, finocchio, patata, luppolo, spinaci, insalata, fave. Risultano compatibili anche cipolle, fagioli, cetrioli, zucchine, mentre non sono adatte le piante con un elevato fabbisogno di luce, ad esempio frumento, farro, mais, alberi da frutto, girasole.
Il bando Parco Agrisolare per il fotovoltaico sui tetti in agricoltura
Una prima iniziativa all’interno del PNRR che riguarda il fotovoltaico in agricoltura, questa volta con la “limitazione” dell’installazione sui tetti dei fabbricati, è già in fase di partenza. A breve, infatti, sarà a messa a disposizione una cifra di 1,5 miliardi di euro stanziati con il decreto Agrisolare (decreto Mipaaf 25 marzo 2022) all’interno della Componente “Economia circolare e agricoltura sostenibile, Missione Rivoluzione verde e transizione ecologica (Missione 2, componente 1, investimento 2.2) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Il Decreto è stato pubblicato lo scorso 28 giugno in Gazzetta Ufficiale n. 149 e, nel frattempo, l’Italia ha anche ricevuto il via libera relativo da parte dell’Europa sugli aiuti di Stato; bisogna solo attendere l’apertura effettiva del bando che consentirà di inoltrare le richieste di accesso; dal momento in cui sarà riconosciuto il contributo, i beneficiari avranno poi 18 mesi di tempo per realizzare i progetti.
Il decreto Agrisolare
Ricordiamo che il decreto Agrisolare per il fotovoltaico in agricoltura è destinato alle imprese agricole, agroindustriali e alle cooperative agricole e serve per acquistare e installare pannelli fotovoltaico sui tetti dei fabbricati per una potenza compresa tra 6 kWp e 500 kWp, con una spesa massima ammissibile per singolo progetto pari a 750.000 euro; per le aziende agricole del settore primario gli impianti fotovoltaici accedono ai contributi solo se l’obiettivo è quello di soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda e se la loro capacità produttiva non supera il consumo medio annuo di energia elettrica dell’azienda agricola, compreso quello familiare.
Il PNRR, inoltre, prevede ulteriori 1,1 miliardi di euro per incentivare con contributi a fondo perduto e tariffe incentivanti la realizzazione di impianti agrivoltaici sui terreni. Lo schema di decreto è ancora in via di definizione, ma il bando è comunque previsto entro dicembre 2022.