Giugno 4, 2024

Nicola Martello

Agenzia Spaziale Europea, le nuove frontiere del fotovoltaico

La produzione di energia da fotovoltaico direttamente nello spazio, per poi trasmetterla e utilizzarla sulla Terra, è al centro del progetto Solaris dell’Agenzia Spaziale Europea. Primo obiettivo importante: portare in orbita un impianto da 1 MW entro il 2030. I risultati del progetto saranno utili anche per applicazioni al fotovoltaico “terrestre”.

Il solare spaziale esiste già, dato che praticamente tutti i satelliti artificiali in orbita intorno alla Terra sono alimentati da pannelli fotovoltaici. Ma se è possibile rifornire di energia solare i mezzi spaziali, si può anche trasmettere questa energia rinnovabile sulla Terra, in modo continuo e costante, con un’efficienza maggiore, a ogni ora del giorno e senza che le condizioni meteorologiche interferiscano? Questa la sfida che dei prossimi anni è oggetto del progetto Solaris.

Energia dallo spazio

È questo l’obiettivo dell’Agenzia Spaziale Europea con il progetto Solaris, partito nel 2023, a cui partecipa anche il Gruppo Enel, grazie alla sua competenza sulla tecnologia fotovoltaica, sulle reti di distribuzione e sullo storage e, quindi, nel complesso, nella realizzazione di grandi impianti di produzione da fonti rinnovabili e la conseguente gestione dell’energia prodotta. Nel progetto Solaris Enel ha dato un contributo nella definizione preliminare dei potenziali modelli di business e nella definizione dei dimensionamenti degli impianti in orbita, oltre a dare le linee guida di base per l’installazione delle stazioni di ricezione dell’energia proveniente dallo spazio.

L’idea è quella di realizzare nello spazio centrali solari a 36.000 km dalla superficie terrestre, su un’orbita geostazionaria (un’orbita circolare attorno all’equatore, percorsa in 24 ore, esattamente il periodo di rotazione della Terra). I pannelli sarebbero quasi sempre esposti al Sole, producendo così energia praticamente a tutte le ore del giorno e in tutte le stagioni, a eccezione di pochi giorni l’anno, nel periodo degli equinozi (il passaggio dall’inverno alla primavera e poi dall’estate all’autunno), a causa del cono d’ombra generato dalla Terra.

I pannelli spaziali non sono come quelli usati normalmente negli impianti fotovoltaici sul nostro pianeta. Sono più leggeri e multigiunzione, cioè fatti di diversi strati, ognuno di un diverso materiale semiconduttore e dunque in grado di assorbire una parte diversa dello spettro della luce solare, estraendo così più energia a parità di superficie esposta. Non impiegano il silicio ma materiali come l’arseniuro di indio o di gallio, e permettono di raggiungere livelli di efficienza più elevati: attualmente hanno un’efficienza del 30%, ma si prevede che entro 10 anni arriveranno al 40% (quelli usati per impianti di generazione sulla Terra attualmente si fermano al 21-22%mentre il pannello HJT sviluppato nella fabbrica 3Sun di Catania raggiunge il 24,5%).

Nel 2025 la valutazione sull’efficienza, nel 2030 il primo lancio

Il primo appuntamento importante di Solaris è fissato per l’anno prossimo, il 2025. Per allora bisognerà valutare infatti qual è l’effettiva efficienza della trasmissione, cioè la quota dell’energia prodotta in orbita che arriverebbe sulla Terra. La trasmissione dell’energia sarà fatta tramite microonde, raccolte a terra da una serie di antenne che la trasformano in elettricità e la mettono in rete.

La trasmissione di energia dallo spazio è stata effettuata per la prima volta nel 2023, grazie a una tecnologia sviluppata dal California Institute of Technology e utilizzata dal satellite Space Solar Power Demonstrator. Un esperimento che ha dimostrato la fattibilità tecnica, con l’accensione di due luci Led.

Ora però si tratta di capire la fattibilità e sostenibilità industriale ed economica del processo. Una centrale da 1 GW avrebbe un peso indicativo di circa 11.000 tonnellate, e servirebbero 100 lanci per portare tutto il materiale in orbita. Per essere un sistema economicamente sostenibile, l’efficienza della trasmissione, ovvero la quota dell’energia prodotta in orbita che arriverebbe sulla Terra che è ad oggi ancora un’incognita, dovrebbe risultare di oltre il 90%.

Se tutto andrà per il meglio, dunque il passo successivo, intorno al 2030, sarà quello di spedire in orbita la prima solar farm: un impianto da 1 MW già montato, in grado di estendersi automaticamente.

Le solar farm del futuro

Poi sarà la volta di impianti sempre più potenti, fino ad arrivare a 1 gigawatt di potenza installata tra il 2040 e il 2045, per avviare una vera applicazione commerciale della nuova tecnologia.

Queste centrali solari spaziali standard da 1 GW saranno strutture metalliche con pannelli fotovoltaici montati a pettine, su una superficie complessiva di circa 5 km quadrati, con una grande antenna di trasmissione. A Terra, a ricevere le microonde, sarebbero altre antenne, disposte su una superficie di circa 25 km quadrati.

Un gigawatt di potenza installata nello spazio può produrre 6 o 7 volte più energia di uno installato sulla Terra, praticamente 24 ore su 24. Dunque, se tutto andrà per il meglio, è prevedibile anche una corsa al fotovoltaico spaziale da parte di Stati e aziende.

L’impatto sul solare “terrestre”

Il progetto Solaris può agire anche come catalizzatore nello sviluppo di celle fotovoltaiche sempre più efficienti che potranno essere utilizzate anche negli impianti di produzione sulla terra.

Le celle solari per applicazioni spaziali oggi vengono prodotte con approcci complessi da microelettronica e il loro costo è estremamente elevato. Il progetto ha dunque un duplice obiettivo: aumentare l’efficienza dei pannelli solari fino a un altissimo 40% e ridurre il costo di produzione.

Il traguardo di una efficienza elevata a basso costo potrebbe quindi consentire lo sviluppo di tutta una nuova generazione di pannelli solari per applicazioni terrestri: in prima battuta solo per applicazioni domestiche e poi, con lo sviluppo di una tecnologia per grandi impianti di produzione a terra. Confermando così l’energia solare come un pilastro della transizione energetica e contribuendo all’obiettivo di produrre entro il 2050 quasi il 90% dell’energia mondiale da fonti rinnovabili.

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