L’evoluzione delle tecnologie odierne ha portato all’impiego di celle fotovoltaiche organiche. Secondo questa tipologia costruttiva, vengono impiegati pigmenti organici che vanno a sostituire i semiconduttori di natura inorganica. In questo caso, l’assorbimento della luce e il trasporto della carica elettrica avviene ad opera di polimeri e molecole organiche.
L’applicazione di questa innovativa infrastruttura costruttiva ha permesso di beneficiare del maggior coefficiente di assorbimento della luce, tipico delle molecole organiche, capaci di catturare molta luce con una modesta quantità di materiale di partenza. Non solo, le molecole possono essere facilmente combinate con strutture flessibili in plastica, dettaglio che consente di contenere i costi di produzione. Di fatto però, l’abbattimento dei costi è tra i pochi vantaggi di una simile tecnologia, che, finora, non ha portato a significativi aumenti di efficienza. Attualmente i valori si attestano al 4% – 6%, con diverse problematiche di stabilità delle prestazioni nel tempo, relativa a problemi legati alle temperature di lavoro e a processi di ossidazione e riduzione, che influiscono negativamente sulle capacità della cella organica. Non ultima, la scarsa robustezza di questo tipo di dispositivi, che ne limita ancora il possibile impiego.
A livello architetturale, le celle organiche vengono realizzate secondi differenti principi. La struttura molecolare può infatti essere sviluppata a partire da una catena polimerica in grado di effettuare la cessione di elettroni, in abbinamento a macro-molecole contenenti carbonio, per la ricezione delle cariche elettriche in transito, durante la fase di cattura della luce.
Una struttura basilare che può essere impiegata come punto di partenza per la generazione di celle organiche viene definita etero-giunzione planare. In questo sistema, un film a base di carbonio, viene accoppiato a due strati planari di contatto, per aumentare lo scambio di carica elettrica.